ALZIAMO LE MANI
Ci sono fenomeni strani.
L’opera è un mondo che sa stupirti. Alle volte spendi un patrimonio per ascoltare un interprete di cui ha letto meraviglie, che hai ascoltato in dischi e riprese televisive e quando si apre il sipario del grande teatro, ti ritrovi davanti un cornacchione sorridente la cui voce non riesce a superare la quarta fila.
Altre volte vai in posti impensabili e rimani folgorato: ti aspettati uno spettacolo parrocchiale ed invece rimani incatenato al tuo posto, senza respirare per non dare fastidio prima di tutto a te stesso.
Altre volte, ancora succede una via di mezzo: in posti che sono affini all’opera lirica quanto Erode ad un centro per l’infanzia, assisti a veri miracoli.
Romans di Varmo, per esempio, è un paese minuscolo. Ma sotto i suoi alberi Alfredo Mariotti ha fatto esibire le migliori voci del dopoguerra.
Tito Gobbi allietava Bassano del Grappa con concerti i cui cast mettono i brividi.
Ma negli anni Settanta si aprivano anche i palasport al melodramma e si tentavano spettacoli coraggiosi, in questo caso azzardati, anche nelle località turistiche balneari.
Così accadde il 31 luglio 1972, a Lignano Sabbiadoro dove, su un palcoscenico da sagra, allestirono una stagione d’opera.
Il destino volle che la mia famiglia da qualche anni avesse spostato la sede delle sua vacanze da Grado proprio sulla spiaggia lignanese ed appena saputo dell’iniziativa ci fiondammo a comperare i biglietti.
Sicuramente eravamo fra i primissimi, perché avevo il palco a pochi centimetri da me.
Orgoglioso ed emozionato seduto su una sedia di metallo di quel colore mattone che tanto dà l’idea di parrocchia e che nel corso dello spettacolo continuò a sprofondare nella sabbia, ho ascoltato in ‘Otello’, Mario Del Monaco.
Dietro a me era seduto Flabiano Labò, che avrei visto più volte negli anni a venire e che il giorno dopo avrebbe cantato ‘La Boheme’.
Il tenore, gentilissimo, mi fece il primo autografo della mia vita e la cosa mi provocò una grande soddisfazione.
Non basta con le emozioni: prima che l’opera iniziasse, scese a parlare con lui Irma Capece Minutolo, la Desdemona dello spettacolo, che evidentemente cercava un po’ di attenzione, che la chioma fluente e la vestaglia appariscente le diedero.
In effetto ti immagini che un soprano si prepari all’entrata in palscoscenico con vocalizzi, concentrazione e chissà cosa altro.
Lei investì in pubbliche relazioni.
Che d’altra parte hanno prodotto il gossip che le ha consentito di galleggiare in un stagno paludoso senza affondare, nonostante le recensioni pesanti alle sue prove vocali.
Come cantò, non me lo ricordo e questa la dice lunga sul valore di quella interpretazione.
Iago era Carlo Badioli, basso baritono interessante, che vantava una lunga carriera alle spalle.
Il che assicurava professionalità da un lato, ma anche la sicurezza che non prevaricasse il protagonista.
Trovare i dati su questo spettacolo è stato difficilissimo.
Addirittura ero convito che il baritono fosse Protti, a causa di una foto che girava per casa e solo un cortese utente di facebook ha chiarito i miei dubbi.
Impossibile trovare informazioni, neanche scrivendo a biblioteche e pro loco del territorio.
Fatto questo che documenta impietosamente quanta attenzione si dia all’opera lirica ed induce a pensare che la politica della Capece Minutolo non fosse poi così sbagliata.
In ogni caso non v’è dubbio che eravamo li per Del Monaco, che oltretutto poteva vincere facile, vista l’orchestra di pochi elementi che suonava affondandando nella rena con indifferenza professionale.
Un Otello superlativo.
Non solo vocalmente, anche perché all’epoca avevo otto anni e francamente non capivo nulla d’opera.
Sensazione che peraltro rimane nel tempo, perché ormai entri nelle varie piattaforme e tutti disquisiscono di trilli, mezzi toni, note alte e basse.
A me sembra sempre di avere torto e di non capire nulla, come peraltro sottolineano con regolarità alcuni assidui lettori delle Memorie Inutili.
Probabilmente , ansi quasi sicuramente, è vero ma è anche sicurissimo che adesso il mondo dell’opera è zeppo di personal trainer dell’acuto.
Inutili, perché prima di ogni nota ci vuole un’emozione, da dare e da voler ricevere.
Quella sera Del Monaco regalò emozioni.
Un Moro arrogante, strabordante, che abbracciava l’aria, alzava scimitarre, corteggiava la sposa ed anche le signore delle prime file con uno sguardo esplicito, ostentava una forma fisica prorompente come i suoi acuti, vigorosi, virili.
Alla fine dello spettacolo una valanga di applausi.
Un trionfo meritato, annunciato, cercato, inevitabile.
Spenti i fari che illuminavano palcoscenico e piazzale, in tanti si diressero verso i camerini, più simili a cabine da spiaggia, ma il tenore massimo fu rapido a cambiare l’abito, in realtà per come era vestito verrebbe da dire il costume visto che mantenne catene d’oro opulentissime su camicie slacciatissime, tutto sempre superlativo.
Veloce attraversò la folla, si diresse verso la macchinissima, una appariscente coupe a due posti, senza elargire foto od autografi perché aveva fretta, probabilmete di arrivare a Treviso.
Ma non aveva messo in conto la mia determinazione.
Con estrema nonchalanche, dovuta anche al fatto che suppongo che la stanchezza e l’euforia mi avessero tramortito come solo uno spinello avrebbe potuto fare, mi diressi verso il Maestro, e nello stupore di tutti, gli porsi la mano facendogli i complimenti.
L’imprevedibilià del gesto di un bambino così piccolo fermò il cantante, che mi sorrise, mi strinse la mano ed autografò il biglietto della serata.
Dopodichè fece una bella risata, mi salutò con la mano e sgommando riprese il ruolo da tenore, allontanandosi nel fumo della sabbia.
Per alcuni giorni era estremamente facile riconoscermi in spiaggia: ero quel bambino che faceva il bagno tenendo il braccio alzato, perché non voleva che l’acqua toccasse la mano che il tenore aveva stretto.
Insomma anche il melodramma può indurre alla scarsa igiene.
Di Gianluca Macovez
Foto di copertina: Del Monaco in Otello (fonte Wikipedia)
Immagini, documenti e ascolti
RITRATTO DI DEL MONACO
Di Gianluca Macovez
grafite, inchiostro e pastelli cu casta (2022)
L'autografo che mi fece Mario Del Monaco
Foto autografata di Carlo Badioli
Per capire il fenomeno Mario Del Monaco ed il suo binomio con Otello, sono di grande rilevanza alcune registrazioni.
Esiste un famoso film opera registrato nel 1958 da cui propongo due estratti:
"Esultate!"
"Niun mi tema"
Interessante anche questa registrazione dal vivo, che ci fa ascoltare ‘esultate’ dal vivo. Il divo viene accolto da un applauso all’entrata e questo invece che distrarlo lo esalta, tanto da portarlo ad una interpretazione dai fiati prodigiosi
Un frammento di un concerto nel quale interpreta ‘Dio mi potevi scagliar’.
Anche in questo caso i fiati sono notevolissimi , l’acuto potente e la volontà di descrivere la narrazione drammatica è forte, tanto da indurlo a qualche forzatura espressiva, soprattutto su qualche vocale.
Mario del Monaco canta dal vivo negli studi Rai “ Nium mi tema”. Siamo nel 1967.
Del Monaco non disdegnava le interviste. Eccolo a Domenica In, con Pippo Baudo che gli fa ripercorrere alcuni momenti della sua carriera ed in conclusione una canzone eseguita con un (po' imbarazzante) playback.
Di Irma Capece Minutolo proponiamo una ‘Ave Maria’ cantata in concerto.
Emerge forte la consapevolezza della carismatica bellezza, che si narra fece capitolare Farouk, il re d’Egitto, che la avrebbe sposata diciottenne e che le permise di vivere anche una carriera cinematografica , con partecipazione a film di de Filippo e Zeffirelli, ma anche a titoli come ‘Mutande Pazze’ e ‘
Fantozzi 2000’