MADAMA BUTTERFLY
tragedia giapponese in tre atti di Giacomo Puccini
su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
il libretto è basato sulla tragedia giapponese in un atto Madame Butterfly di David Belasco e sulla novella Madame Butterfly di John Luther Long
Direttore: Vasyl Vasylenko
Regia, scene e costumi: Ellen Kent
Personaggi e interpreti
Cio-Cio-San: Alyona Kistenyova
Suzuki: Maria Davydova
B. F. Pinkerton: Vitalii Liskovetskyi
Sharpless: Vladimir Dragos
Goro: Ruslan Pacatovici
Lo zio Bonzo: Valeriu Cojocaru
Il Commissario Imperiale: Vitalii Cebotari
Il Principe Yamadori: Vitalii Cebotari
Kate Pinkerton: Anastasiia Blokha
Figlio di Cio-Cio-San (Dolore): Felicity Reid
Luci: Valeriu Cucarschi
Maestro del Coro: Victor Donos
La maggior parte dei lettori non avrà probabilmente mai sentito parlare del Regent Theatre di Stoke-on-Trent (Regno Unito). Il teatro si trova nelle West Midlands inglesi, a metà strada fra Birmingham e Manchester, in una città dal glorioso passato industriale (molte delle porcellane inglesi che le nostre nonne avevano in casa vengono da qui) e ora in declino. Il bell’edificio teatrale, risalente al 1929, ospita spettacoli di varia natura, dal melodramma ai musical, dal cinema al teatro di prosa e alla stand up comedy, fino ai concerti di musica folk, proponendo eventi culturali e performance dal vivo in una zona in cui le occasioni di questo tipo sono molto più rare che nei grandi centri.
Qui è andata in scena qualche giorno fa una piacevole produzione di Madama Butterfly che, in coincidenza con i recenti avvenimenti internazionali, ha assunto anche una forte carica emotiva e politica, visto che la maggior parte del cast era di nazionalità ucraina. Lo spettacolo era prodotto dalla compagnia d’opera dell’impresaria e regista inglese Ellen Kent, che da quasi trent’anni propone allestimenti itineranti dei più popolari capolavori del repertorio operistico che toccano i più svariati angoli del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda. Questa produzione della Butterfly pucciniana si inserisce, insieme a Carmen e Tosca, nella tournée 2022 della compagnia e, dopo aver già toccato, fra le altre, Blackpool, Sheffield, Portsmouth e York, potrà essere vista nelle prossime settimane, solo per citare le tappe principali, a Hull, Brighton, Wimbledon, Leicester, Manchester e Edimburgo.
Coerente con la cifra stilistica che la contraddistingue, Ellen Kent, che cura la regia, scene e costumi di tutti i suoi spettacoli, proponeva una messa in scena classica, elegante, esteticamente appagante, con la casetta ‘a soffietto’ stile giapponese, gli ombrellini, i kimono, le geishe, i fiori e tutto quello che uno si aspetta da Madama Butterfly. A qualcuno sarebbe potuta sembrare eccessivamente oleografica e certamente la produzione non poteva contare sullo spiegamento di uomini e mezzi a disposizione dei grandi teatri stabili, dovendo anche tenere conto delle limitazioni logistiche tipiche degli spettacoli itineranti.
Tuttavia, la scena era allestita con gusto, anche grazie alle luci di Valeriu Cucarschi, ed è stato un piacere godere per una volta di una produzione che rispettava filologicamente lo stile, l’atmosfera e l’estetica originali, tanto che viene quasi da augurarsi che i teatri più blasonati prendano umilmente esempio dalle compagnie di provincia, invece di ingaggiare a tutti i costi registi à la page che, anche con scarsa consapevolezza e conoscenza del libretto e dello spartito, si impelagano in riletture improbabili e talvolta perfino brutte, che ostacolano la comprensione dell’opera invece di agevolarla.
Note purtroppo meno positive per la direzione musicale di Vasyl Vasylenko. L’Orchestra dell’Opera e del Balletto Nazionale Ucraino di Kiev esprimeva un suono piacevole e compatto. Tuttavia, la direzione risultava da un lato imprecisa, con frequenti scollamenti fra buca e palco, dall’altro spesso metronomica e asettica, con pochi colori e variazioni agogiche. I cantanti non erano ben accompagnati ed apparivano spesso in difficoltà per l’inflessibilità del direttore e i tempi troppo sostenuti staccati nelle arie, non avendo il tempo non solo di distendersi nei necessari rallentandi nei momenti di maggior lirismo e drammaticità, ma a volte neppure di prendere fiato. Così, alcuni dei pezzi più amati, come le romanze Un bel dì vedremo e Addio fiorito asil o il Coro a bocca chiusa, perdevano molto della loro naturale bellezza e suggestione. Nonostante questo, il coro, diretto da Victor Donos e composto da sette voci maschili e tredici femminili, dava buona prova di sé, esprimendo un suono solido e interventi sempre incisivi.
Per quanto riguarda i solisti, Alyona Kistenyova era una Cio-Cio San dalla voce limpida, l’emissione fluida, la spiccata musicalità e con buone qualità interpretative. Elegante e misurata, trasmetteva in modo mai affettato o artificiale tutte le sfumature del personaggio di Butterfly, dall’innocente civetteria ed ingenuità dei primi due atti, alla tragica ed adulta disperazione del finale. Da apprezzare i filati e la dovizia di colori, anche se nella zona acuta risultava a volte meno travolgente di quanto ci si potrebbe aspettare. Accanto a lei, si segnala l’ottima prestazione di Maria Davydova nel ruolo di Suzuki. Dotata di una voce scura, importante, sensuale ed omogenea, di una solida tecnica e di grande temperamento, il mezzosoprano regalava la miglior interpretazione della serata. Tutti i suoi interventi erano incisivi e ben cantati. Il duetto Scuoti quella fronda di ciliegio… Tutti i fior è risultato forse il momento migliore della recita.
Benjamin Franklin Pinkerton era Vitalii Liskovetskyi, alla fine fatto oggetto di ‘buh’ da parte del pubblico, anche se probabilmente le contestazioni non erano per lui ma piuttosto per il personaggio; i pubblici inglesi fanno spesso fatica a trattenere il proprio disappunto per l’egoista e maschilista tenente della marina americana, un altro segno di quanto quest’opera ponga ancora temi e spunti di riflessione quanto mai attuali. Comunque, il tenore ucraino possiede una buona voce lirico-spinta e un bel timbro nella parte medio bassa. Tuttavia, i suoni di passaggio risultavano schiacciati e nasali, e gli acuti suonavano piuttosto ingolati. Ad ogni modo, la recitazione appariva buona e il risultato finale era comunque sufficiente. Il duetto Bimba dagli occhi pieni di malìa era eseguito con giusta intenzione da entrambi gli interpreti e le voci erano ben amalgamate, riuscendo, nonostante alcune rigidità della direzione musicale, a trasmettere il fascino di questa bellissima e celeberrima pagina pucciniana. Vladimir Dragos, nel ruolo di Sharpless, poteva contare su una voce importante dal solido colore baritonale, una tecnica corretta e una buona presenza scenica. Tuttavia, il fraseggio risultava poco elegante, la pronuncia italiana a volte approssimativa ed era spesso in ritardo rispetto all’orchestra. Molto buona la prestazione di Valeriu Cojocaru nel ruolo del Bonzo. Egli si distingueva sia per presenza vocale che scenica, dispiegando, nel rinnegare Cio-Cio-San, tutta la veemenza necessaria. Molto meno buona la prova di Ruslan Pacatovici come Goro, la cui voce risultava piuttosto piatta e nasale, con un vibrato spesso fastidioso. Egli appariva spesso fuori sincrono con l’orchestra e a tratti difficilmente intelligibile per via della dizione molto imprecisa. Adeguato Vitalii Cebotari nei panni sia del principe Yamadori che del Commissario Imperiale (sic). Insufficiente Anastasiia Blokha come Kate Pinkerton, a tratti inudibile. Puntuale e attenta Felicity Reid nel ruolo del figlio di Butterfly e Pinkerton (Dolore). Lo zio Yakusidé, l’ufficiale del registro, la madre, la cugina e la zia di Cio-Cio-San erano tutti ben interpretati da membri del coro purtroppo non citati in locandina. A questo proposito è da stigmatizzare il fatto che gli artisti del coro e gli orchestrali non erano in alcun modo menzionati nel programma di sala. Questi professionisti, che svolgono un lavoro egregio, spesso nell’ombra, meritano di essere sempre ricordati individualmente.
Alla fine, applausi e successo per tutti (al netto dei ‘buh’ a Pinkerton), da parte di un pubblico purtroppo non numeroso che, nonostante la popolarità del titolo, riempiva neanche metà della grande sala (ma bisogna tener conto che non siamo in Italia né a Londra, i gusti qui sono diversi). Grande emozione quando, alla fine dello spettacolo, l’orchestra e i cantanti hanno eseguito l’inno Ucraino, con bandiera e pubblico commosso e tutto in piedi in segno di solidarietà. Del resto l’Arte, per quanto alta e trascendente, è parte integrante della storia e delle vicende degli uomini e da queste difficilmente può rimanere immune.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 27-02-2022.
Kevin De Sabbata
(02-03-2022)