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WERTHER
Drame lyrique in quattro atti di Jules Massenet
su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann
il libretto è liberamente tratto dal romanzo epistolare I Dolori del Giovan Werther di Johan Wolfgang Goethe
Direttore: Antonio Pappano
Regia: Benoît Jacquot ripresa da Geneviéve Dufour
Scene: Charles Edwards
Costumi: Christian Gasc
Personaggi e interpreti
Werther Jonas Kaufmann
Charlotte Aigul Akhmetshina
Albert Gordon Bintner
Sofie Sarah Gilford
Le Bailli Alastair Miles
Schmidt Christophe Mortagne
Johann James Cleverton
Brüchman Dawid Kimberg
Kächen Gabrielé Kupšité
Coro di bambini Josh Bortoloso
Nicolai Flutter
Liliana Capinos
Holly Keefe
Raphy Laming
Mireille Larocque
Anastasia Meani
Arinzé Obi
Hope Shotton
Luci: Charles Edwards
Volere e non potere, desiderare e non poter avere. Questa dicotomia può certamente riassumere sia il dramma esistenziale e sentimentale di Werther che l’edizione della magistrale opera di Massenet che lo ha come protagonista in scena fino al 4 luglio alla Royal Opera House di Londra. La prima dello spettacolo, a cui ho assistito, si caratterizzava per un’esecuzione di alto livello, purtroppo parzialmente inficiata da un Jonas Kaufmann (nel ruolo del titolo) decisamente non in serata e che, appunto, a causa di mezzi vocali non in forma, non poteva ottenere risultati all’altezza degli sforzi profusi sulla scena.
Nessun annuncio è stato diramato al pubblico circa un’indisposizione del protagonista, ma voci interne al teatro parlavano di un Kaufmann afflitto da una tosse persistente durante tutte le prove. Nonostante tutto, nella prestazione del tenore tedesco, si poteva comunque apprezzare la sua statura di grande artista, l’accento romantico e appassionato, la cura nella resa del personaggio, la grande musicalità e attenzione al fraseggio. Nonostante gli acciacchi la sua vocalità, complessa e ricca di chiaroscuri, è particolarmente adatta al ruolo dell’eroe goethiano. Tuttavia, la voce suonava opaca, spesso instabile e non gradevole nelle mezze voci, con un passaggio e una zona medio-alta faticosi, e acuti deboli e in più di qualche occasione difficilmente udibili. Era, nel complesso, un’esecuzione con il freno a mano tirato. Tuttavia, grazie ad un indubbio mestiere, il tenore riusciva a portare a casa un ‘Pourquoi Me Réveiller’ non privo di efficacia.
Sfortunatamente per Kaufmann, questa prestazione sottotono era resa ancora più evidente dal fatto che egli aveva al suo fianco una partner dalla vocalità debordante, di bel colore e gestita molto bene dal punto di vista tecnico. Aigul Akhmetshina, nella parte di Charlotte, sfoggiava un timbro sensuale, ammaliante, ma con acuti grandi, brillanti e facili. L’emissione era fluida, alta, sul fiato e le consentiva una vasta gamma di dinamiche. Ottimo anche l’aspetto attoriale. La cantante russa proponeva un’interpretazione molto intensa del personaggio, rendendone con efficacia prima la dolcezza, poi il conflitto interiore e la disperazione per la perdita dell’amato. Particolarmente potente, nel III atto, la grande scena della lettera (‘Werther! Qui m'aurait dit … Ces lettres!’) che ha strappato l’unico fragoroso applauso a scena aperta della serata e l’aria successiva ‘Va! Laisse couler mes larmes’.
Albert era interpretato da Gordon Bintner. Il bass-baritone canadese si distingueva per la voce scura, grande e omogenea, la tecnica solida e il colore uniforme lungo tutta l’estensione. Al netto di qualche frase pronunciata non proprio elegantemente, egli forniva un’ottima interpretazione del personaggio di Albert, rendendone a pieno l’aplomb borghese. Sarah Gilford (Sofie) sfoggiava una voce di un bel colore cristallino, con un emissione facile e tutta davanti e rendeva efficacemente il carattere gaio e gioioso tipico del suo personaggio. L’aria ‘Du gai soleil, plein de flamme’ del II atto era molto ben cantata.
Alastair Miles, nel ruolo di Le Bailli, il padre di Charlotte, cantava con autorevolezza e buona presenza scenica. Christophe Mortagne (Schmidt), si distingueva per la bella voce da tenore lirico leggero, l’emissione alta e naturale e l’ottimo fraseggio. James Cleverton (Johan) dimostrava il giusto temperamento. Molto preciso il coro dei bambini composto da Josh Bortoloso, Nicolai Flutter, Liliana Capinos, Holly Keefe, Raphy Laming, Mireille Larocque, Anastasia Meani, Arinzé Obi e Hope Shotton, che cantavano con un suono bello e compatto. Bene anche Dawid Kimberg (Brüchman) e Gabrielé Kupšité (Kächen).
Antonio Pappano dimostrava come al solito un dominio assoluto della partitura, restituendo tutto il fascino della splendida orchestrazione di Massenet. L’Orchestra della Royal Opera House sfoggiava un suono ampio, sontuoso, che trasmetteva tutto il pathos dei momenti più drammatici (specialmente negli interventi del III atto e nel finale dell’opera), ma senza per questo perdere in brillantezza (si veda la chiusa del II atto). I cantanti erano sempre ben accompagnati. L’allestimento, a cura di Benoît Jacquot e ripreso da Geneviéve Dufour rimaneva fedele all’ambientazione e all’epoca originarie dell’opera. Le scene di Charles Edwards, sobrie ed eleganti, si basavano su pochi ma efficaci elementi che riempivano il palcoscenico: un vecchio portone con l’edera sul muro e la fontanella di fianco, la balaustra della piazza, l’interno color crema della casa di Albert e Charlotte, lo spoglio appartamento in cui Werther si toglie la vita a Natale mentre scende la neve. Particolarmente suggestive le luci, a cura del regista stesso, che miscelavano tonalità calde e ambrate con colori lunari tendenti al bianco. Molto eleganti i costumi di Christian Gasc. Forse si poteva fare di più per quanto riguarda i movimenti scenici, generalmente piuttosto convenzionali.
Alla fine applausi convinti per tutti, Kaufmann incluso.
La recensione si riferisce alla prima del 20-06-2023
Kevin De Sabbata (21-06-2023)
Photo credits: ROH - Bill Cooper