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Recensione di Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti in scena alla Scala di Milano dal 13 aprile al 5 maggio 2023
‘Lucia di Lammermoor’, che avrebbe dovuto inaugurare la Scala nel 2020, l’anno del Covid, finalmente viene portata in scena nel massimo teatro milanese.
Si tratta di un allestimento di cui si è parlato molto, vuoi per il prestigioso cast che allinea due fuoriclasse come Oropesa e Florez,;vuoi per il ritorno alla Scala del regista Kokkos , che ha realizzato spettacoli di grande suggestione ;vuoi per la scelta di proporre la partitura nella sua interezza secondo l’edizione critica di Gabriele Dotto e Roger Parker, che prevede la riapertura di diversi tagli, la cancellazione di abbellimenti e da capo frutto della tradizione teatrale, l’utilizzo dell’armonica a bicchieri, che già Roberto Abbado aveva riproposto alla Scala nel 2006, per accompagnare, al posto del più consueto flauto, la scena della pazzia, ampliando il senso di straniamento della protagonista.
Lo spettacolo è stato pensato per il teatro e la ripresa televisiva su Rai 5 è risultata molto diversa da quanto abbiamo ammirato in sala.
Di fatto a me pare che la trasmissione abbia penalizzato il lavoro di Kokkos, che risultava provocatorio in televisione ed invece efficace ed equilibrato dal vivo.
Finalmente un allestimento che non si pone la telegenia come priorità : questa ‘Lucia’ vive il suo splendore nella sala del Piermarini, dove le sculture sonoinserite in un garbato gioco di volumi ed armonie e non sono mai prevaricanti, la foresta descrive il giusto clima della vicenda le masse si muovono con misura, le voci corrono, sicure ed incuranti di microfoni e post produzioni.
È uno spettacolo che va guarda a ‘Lucia’ come una sorta di rito sacrificale, collocato da Yanis Kokkos, in una dimensione metafisica, fuori dal tempo, anche grazie ai costumi ideati dallo stesso regista, ma sempre inserita caparbiamente nella storia, senza eccessi o forzature, concentrandosi sulle sfumature.
Attentissimo lo studio sui personaggi , sull’autenticità del racconto.
Sono persone credibili, senza stereotipi : Lucia è una donna reale, che vuole difendere i propri diritti a scegliere, lottare per le sue ragioni, e che quando è costretta ad un matrimonio imposto, orgogliosamente accetta il rito ma non di vendere i suoi sentimenti; Edgardo è vittima degli eventi, cui cerca invano di opporsi ed alla fine guarda alla morte come dono; Raimondo è uomo intenso e dolente, anche grazie alla riapertura di alcuni tagli che penalizzavano lo spessore di questo ruolo, che assiste impotente al conflitto fra convenienza personale e partecipazione emotiva; Enrico è cinico, spietato, determinato ; Normanno assume il gusto spessore e si fa pedina credibile della vicenda.
Piacevoli e non troppo invasivi i filmati di Eric Duranteau.
Riccardo Chailly ha proposto la versione originale del lavoro, offrendo una narrazione più drammatica del solito, che non offra il fianco a virtuosismi autoreferenziali, con un ritmo serrato, coinvolgente, intenso, anche grazie al supporto di un coro ed una orchestra in stato di grazia.
Ci sono momenti di grandissima suggestione, dai corni ai preludi, alle pagine d’arpa, ma tutto il percorso musicale è ricco di sfumature, intenso, coinvolgente e mai scontato.
Per quel che riguarda le voci, la prove sono state tutte soddisfacenti.
Certamente la trionfatrice della serata è stata Lisette Oropesa, che ha interpretato Lucia interessantissima, scevra da autoreferenzialità virtuosistiche.
Non mancano trilli, smorzature, scale, acuti solidissimi e sovracuti di abbagliante bellezza, messi al servizio del testo, della costruzione del personaggio.
Ogni pagina ha il suo colore, anzi i suoi colori.
Ogni frase sembra scavata, cucita addosso alla protagonista, che commuove in ‘Soffriva nel pianto’, riesce ad emozionare nel duetto del secondo atto, devasta nella magnifica scena della pazzia, incoronata da un lunghissimo applauso dell’intero teatro.
Adesso sarebbe importante che il soprano non affaticasse lo strumento vocale, che prendesse le giuste pause, per non correre il rischio di comprometterne la purezza.
Scenicamente la Oropesa è credibile, anche nei momenti più scabrosi, come quando suggerisce, durante la pazzia, un amplesso in scena, reso con garbata eleganza ma forte intensità.
Alcuni ritengono che la sua voce di Diego Florez non abbia il peso richiesto dalla partitura.
Sicuramente è vero che il tenore è più a suo agio nel repertorio rossiniano, nel quale rimane senza rivali.
Va anche sottolineato che il ruolo di Edgardo sia fra i più ingrati, perché vocalmente complesso e di fatto subalterno di fatto alla protagonista.
Infine è autentico che nei grandi pezzi d’insieme la sua voce non emergeva, forse anche per l’oceanica prova del coro.
Ma queste sono sfaccettature. In realtà nelle arie solistiche, , la voce correva sicura, in tutto il teatro.
Chi scrive era nell’ultima fila della platea e non mi sono perso una nota, una sfumatura, un accento.
Il tenore peruviano ha fatto sfoggio di note alte sicure, acuti solidi, filati raffinati ed un canto a fior di labbra di suggestione rara, ma ha anche mostrato un lavoro attento sul testo: ogni parola aveva il giusto peso ed il corretto senso, ha trovato i colori più intesi per tratteggiare un uomo prima autenticamente innamorato, poi devastato dalla rabbia, attraversato dalla delusione ed infine dilaniato dal dolore.
Commovente ed intenso, dimostra ancora una volta la grandezza artistica di uno dei più raffinati tenori del nostro tempo.
Michele Pertusi è un basso dalla lunga carriera, dalla grande professionalità e dotato di una capacità interpretativa fuori dal comune.
La voce è sostanzialmente integra, omogenea, ricca di sfumature, solida negli acuti, intensa nel colore.
Cesella con bravura Raimondo, sia vocalmente che scenicamente, conquista un ruolo autorevole nella narrazione, grazie alla maestria dal cantante ed all’eleganza dell’interprete.
Riuscita ed in crescendo la prova di Giorgio Misseri, decisamente credibile anche scenicamente.
Valentina Pluzhnikova, allieva dell’Accademia del Teatro alla Scala, è Alisa con voce scura, potente e sicura.
Leonardo Cortellazzi è un Arturo. appropriato, con il la acuto centrato con sicurezza, ma non carismatico nella recitazione.
Boris Pinkhasovich, ha voce potente, ma non particolarmente . Il suo Enrico è monolitico, schiacciato dalle scelte obbligate, che rinuncia ai sentimenti in nome degli interessi.
Alla fine acclamazioni meritatissime per tutti, con particolare entusiasmo per il coro, Pertusi, Florez e Chailly ed un trionfo mirabolante per la Oropesa,
Milano, 29 aprile 2023
LUCIA DI LAMMERMOOR
Musica di GAETANO DONIZETTI
Dramma tragico in tre atti
Libretto di SALVATORE CAMMARANO
Direttore RICCARDO CHAILLY
Regia, scene e costumi YANNIS KOKKOS
Luci VINICIO CHELI
Video ERIC DURANTEAU
Collaboratrice del regista e drammaturga ANNE BLANCARD
Personaggi e interpreti
Enrico
BORIS PINKHASOVICH
Lucia
LISETTE OROPESA
Edgardo
Juan DIEGO FLOREZ
Arturo
LEONARDO CORTELLAZZI
Raimondo
MICHELE PERTUSI
Alisa
VALENTINA PLUZHNIKOVA
Normanno
GIORGIO MISSERI
NUOVA PRODUZIONE DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro ALBERTO MALAZZI
ORCHESTRA, CORO DEL TEATRO ALLA SCALA