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Francesco Demuro sale sul Palco nella piazza della Cattedrale di Oristano, in una calda serata di Luglio.
Di fronte a lui una platea gremita di appassionati, ma non solo. Tanti giovani e persino bambini.
Sul palco insieme a lui c’è il M° Andrea Mudu. Il suo accompagnamento al pianoforte è preciso, puntuale, ed espressivo in tutti i repertori. Decisamente accattivanti le variazioni swing nei brani melodici che catapultano in epoche passate e fotografie in bianco e nero.
Il recital e’ organizzato dall’Ente “Alba Pani Passino” di Oristano con la collaborazione dell’Arcidiocesi Arborense e del Museo Diocesano Arborense, e con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna, del Ministero della Cultura, della Fondazione di Sardegna, e del Comune di Oristano ed è grazie a queste istituzioni che è stato possibile godere di questo evento.
E Francesco Demuro, tenore di fama mondiale, si offre con grande generosità.
Tra un brano e l’altro si racconta. Parla dei suoi esordi come Cantadores nelle sagre paesane in giro per la Sardegna.
Intrattiene il pubblico raccontando aneddoti spiritosi.
Dialoga divertito e divertendo, e spesso lo fa in Sardo. E’ una serata che va ben oltre il canto.
Tra palco e astanti sembra quasi instaurarsi un rapporto confidente.
Quasi come se ci si trovasse tra amici.
E il tenore, come ad un amico, parla al pubblico invitando a seguirlo attraverso una serie di brani significativi del suo percorso artistico, che sono poi dei capisaldi della musica Italiana.
Ed ecco dunque, tra un racconto e l’altro, il Canto.
Quello possente, melodioso, ricco di sfoggi vocali ed emozionanti sussurri. Quelli che fanno di lui il cantante lirico acclamato in tutto il Mondo.
Non si risparmia, nonostante ci sia un’ amplificazione non adatta al canto lirico.
E, nonostante questo, la sua esibizione è straordinaria. Il suo è un canto ispirato, esaltante, commovente e generoso negli acuti.
La prima parte del programma è puramente lirica.
Non mancano le arie da “La traviata” con “Lunge da lei…Dei miei bollenti spiriti…” con le quali dipinge un Alfredo dalla voce giovane, innamorata e impetuosa, e “O mio rimorso…”concluso con un buon Do di petto come da tradizione popolare.
Prosegue poi con “La mattinata ( L’aurora di bianco vestita)” celebre romanza che Leoncavallo scrisse per la Gramophone company e che ebbe come primo interprete il grande Enrico Caruso.
L’aria è affrontata con grande musicalità, il canto è accompagnato dolcemente nei passaggi più impervi e la salita all’acuto è agevole.
E poi c’è il suo “Lamento di Federico” . Il cantante appare immerso completamente nella parola, delinea l’aria con una tavolozza inesauribile di colori e mezze voci , sviluppandola in un crescendo disperato e straziante.
Il risultato è di una bellezza commovente.
Da Cilea salta a Puccini con l’ Aria di Rinuccio che mette ancora una volta in risalto la dizione perfetta, la luminosità vocale e la facilità nel registro alto.
E poi ancora la musica di Verdi. Dopo La Traviata è il tempo di Rigoletto.
Demuro presenta un Duca di Mantova sfrontato e altezzoso con le arie “ Questa o quella…” e “La donna e mobile…” che gli consentono di sfoggiare virtuosismi e acuti energici.
Ed è proprio con quest’ultima aria che si conclude la prima parte del programma.
Dopo una breve pausa il recital continua con la musica melodica.
Con brani che rivelano la stessa dignità e difficoltà interpretative delle arie liriche.
La seconda parte dello spettacolo comincia con il brano “La strada nel bosco”, per poi continuare con un’ intensa “Parlami d’amore Mariu’” in cui alterna potenza e dolci mezze voci e che conclude con un estatico pianissimo.
Interpreta con simpatia e sfrontatezza “Vivere” che conclude, ancora una volta, con un lunghissimo acuto.
Infiamma il pubblico con “Musica proibita”, un accorato “Non ti scordar di me” e “Mamma” che dedica alla donna che gli ha dato la vita, la voce e che lo accompagnava in macchina per i paesini di tutta la Sardegna quando cantava nelle Piazze.
In tutti i brani dimostra una grande educazione vocale, una scelta espressiva precisa nell’alternare forza e dolcezza, una musicalità straordinaria e la voglia di darsi completamente al pubblico.
Nella terza parte affronta con sentimento la musica Napoletana.
“Core ‘ngrato”, “Tu can nun chiagne”, “Torna a Surriento”, tutti brani che affronta con la stessa bravura e con profusione di colori.
E con l’ultimo brano, ‘O surdato ‘nnamurato” , il pubblico si scatena battendo le mani a tempo, conquistato dal canto, da una voce potente e bella e dalla simpatia irresistibile del cantante.
E poi i bis con “O sole mio” e , per finire, un ritorno al suo passato musicale da Cantadore, con due brani in sardo accompagnato dal chitarrista, e amico, Pietro Nieddu: Una cantata in Gallurese e la Corsicana.
Brani ricchi di armonici, lunghe frasi legate, e fiati lunghissimi che mettono in evidenza la potenza vocale.
E quanto la voce sia ampia, corposa e teatrale, ad un certo punto della serata, lo dimostra con coraggio e un pizzico di ( come dice lui stesso ) follia.
Allontana il microfono, chiede ai tecnici di spegnere tutto, e si esibisce in un “Nessun dorma…” che invade la piazza, penetra nei cuori e sembra parlare direttamente alle stelle in cielo.
L’ovazione che ne segue è meritatissima.
Nel finale si scusa per non aver assicurato una voce al cento per cento ma assicura di aver dato tutto se stesso.
Le esibizioni all’aperto sono spesso molto difficili, raramente perfette, ma in questo caso nonostante i problemi tecnici la voce si è sentita, eccome. Bella, forte ed espressiva.
E resterà a lungo nei ricordi di chi ha assistito al recital di una grande stella della lirica che riabbraccia la sua terra, nei suoi racconti, nella sua voce e con il suo generoso canto.
di Loredana Atzei
photo credit: Alessia Andreon