LA BOHÈME
opera in quattro quadri di Giacomo Puccini
su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
il libretto è tratto dal romanzo Scènes de la Vie de Bohème di Henri Murger
Direttore: Domenico Longo
Regia e scene: Emilio Sagi
Personaggi e interpreti
Mimì Natalia Tanasii
Rodolfo Gianluca Terranova
Marcello Christian Luján
Musetta Bárbara Barradas
Schaunard Diogo Oliveira
Colline André Henriques
Benoît/Alcindoro João Merino
Parpignol Miguel Reis
Sergente dei doganieri Costa Campos
Doganiere João Oliveira
Luci Eduardo Bravo
Costumi Pepa Ojanguren
Maestro del coro Gianpaolo Vessella
Maestro del coro di voci bianche Vítor Paíva
Per questa edizione della Bohème pucciniana, il Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona propone una produzione di ottimo livello che si distingue per la qualità delle masse e della compagnia di canto, oltre che per una regia piacevole e intelligente. Il regista Emilio Sagi, che cura anche le scene dello spettacolo, presentato per la prima volta ad Oviedo nel duemila e poi ripreso in vari teatri, sposta l’azione negli anni settanta, ma rimane fedele all’estetica originale, anche grazie alle luci di Eduardo Bravo che, tramite l’uso di sfumature ambrate, conferisce a tutte le scene un’atmosfera calda e nostalgica. Così, le proteste femministe si mescolano alla parata militare alla fine del secondo quadro e nell’appartamento di Rodolfo e Marcello troneggiano l’iconico ritratto di Che Guevara su fondo rosso e un poster ‘Make Love not War’ mai come ora d’attualità. In questo modo viene sottolineata anche la dimensione di critica sociale e riflessione esistenziale della Bohéme, che non è solo una romantica (ancorchè tragica) storia d’amore, ma anche e soprattutto una riflessione sulle conseguenze della povertà e sull’illusorietà degli ideali e delle passioni della gioventù. Comunque, gli elementi visivi classici (la soffitta polverosa con la luce che filtra dai vetri appannati, l’aria studentesca ed agrodolce del Quartiere Latino, la neve) sono tutti mantenuti, solamente acquistano un nuovo significato in virtù della diversa collocazione temporale. Così, il regista va comunque con invece che contro il libretto, sfruttando gli elementi già ivi presenti per avanzare e caricare di forza emotiva il suo messaggio senza bisogno di forzature. Degni di nota anche i costumi di Pepa Ojanguren, colorati ma mai sopra le righe e che, soprattutto nel secondo quadro, grazie ai sapienti accostamenti cromatici, contribuiscono a rendere ancora più piacevole l’impatto visivo dello spettacolo.
Passando alla parte musicale, trionfatrice della serata è senza dubbio l’Orquestra Sinfónica Portuguesa che, grazie all’ottima direzione e alla qualità della compagine, è, come dovrebbe essere sempre, il vero motore dello spettacolo, accendendo l’azione scenica ed elevandola ad alcuni momenti di pura emozione. Il direttore Domenico Longo propone una lettura attenta ed elegante della partitura, dimostrando, da un lato, una compatta visione d’insieme, con un buon passo e senso del metro durante tutta l’esecuzione, e dall’altro una profonda analisi e cura dei dettagli. Particolarmente notevoli alcuni passaggi come l’entrata degli archi nella seconda parte dell’aria di Mimì del primo quadro (‘Ma quando vien lo sgelo…’), i contributi dei corni e delle trombe in fa nell’accompagnamento di O’ soave fanciulla, il concertato dopo l’aria di Musetta e gli interventi del violoncello nel terzo quadro.
L’orchestra sfoggia sempre un colore sontuoso e limpido, con i vari componenti l’ordito strumentale sempre ben udibili. Il suono vellutato degli archi trasmette in maniera eloquente il carattere delle varie situazioni, brillante di fervore giovanile all’inizio del primo quadro, poi languido al primo incontro fra Rodolfo e Mimì, sottilmente malinconico all’ingresso in scena di Mimì nel terzo quadro e via via più drammatico nei duetti dei due protagonisti con Marcello, passando poi, nell’ultimo quadro, dall’angoscia presaga del destino della protagonista, alla (vana) speranza della guarigione, all’agrodolce rievocazione dei felici giorni d’amore, fino alla tragedia e al dolore senza conforto del finale. Gli ottoni si distinguono per precisione e per il suono morbido e puro, mai sopra le righe. I cantanti sono sempre ben accompagnati e, al netto di un paio di momenti non perfettamente in sincrono, vi è un ottimo coordinamento fra buca e palco. Molto buona anche la prova del Coro do Teatro Nacional de São Carlos e delle voci bianche dei Pequenos Cantores da Academia de Amadores de Música, sempre precisi ed incisivi nei loro interventi, con un suono limpido e brillante.
Natalia Tanasii è una Mimì dalla voce e dalla presenza sensuali. È evidente il grande lavoro di studio del personaggio, risultante in un’interpretazione molto convincente, che rifugge i cliché sempre in agguato in questa parte e che rende giustizia alle varie sfaccettature dell’eroina pucciniana, dalla dolcezza, alla forza, alla tragica consapevolezza del finale. La voce è abbondante e di bel colore, omogenea, corposa, ma brillante negli acuti, con un vibrato naturale (anche se a volte un po' troppo stretto nella zona centrale). L’emissione alta e fluida permette al soprano moldavo di giocare con le dinamiche e i colori. Sia il suo "Sì mi chiamano Mimì" che il "Sono andati?" sono cantati con intensità e fraseggio di gran classe. Solo la pronuncia, comunque buona nel complesso, potrebbe essere ancora migliorabile (ogni tanto ci sono qualche doppia ‘c’ e ‘l’ di troppo).
Non completamente in serata Gianluca Terranova. Il tenore sfoggia la grande presenza scenica che gli è propria e propone un’interpretazione curata ed intelligente del personaggio di Rodolfo. Anche nei passaggi apparentemente meno cruciali si vede il guizzo del grande attore. Il fraseggio è molto elegante e la dizione sempre chiara ed intelligibile. Tuttavia, la voce risulta spesso opaca, l’emissione forzata, le note di passaggio incerte, la salita agli acuti faticosa. Particolarmente problematico il primo quadro, con una ‘speranza’ veramente al limite. L’esecuzione migliora nei successivi tre quadri (buono il duetto con Marcello "O Mimì tu più non torni") ma le note di passaggio rimangono malsicure. Quando riesce ad alleggerire e cantare sul fiato esce la bella voce e il grande cantante che ho potuto apprezzare in molte altre occasioni, ma rimangono non pochi passaggi non del tutto a posto.
Christian Luján, nel ruolo di Marcello, può contare su una voce grande, scura, omogenea e ben gestita (a parte alcune note forzate nei primi minuti dell’opera), che lo fa risultare a tratti quasi tonante. Il baritono mostra una buona musicalità ed una convincente presenza scenica, disegnando bene il carattere di Marcello, l’amico e confidente fedele, schietto e compagnone (molto piacevole nella scena delle danze nel terzo quadro) e l’amante geloso e possessivo di Musetta. Quest’ultima è interpretata da Bárbara Barradas. Dotata di una dirompente presenza scenica, forte temperamento e bella presenza, il soprano portoghese regala un’interpretazione di grande fascino. Il valzer Quando men vo’ trasmette tutto il carattere di una Musetta più sciantosa che vera ammaliatrice. Molto divertente la scena del ‘piè’. La voce è chiara e limpida, anche se con un vibrato a volte un po’ fastidioso. Molto buoni il fraseggio e la dizione italiana, mentre ci sono a volte dei problemi di sincrono con l’orchestra.
Tutte eccellenti le parti di fianco, interpretate da valenti artisti locali. Diogo Oliveira, che interpreta Shaunard, possiede una voce fluida ed omogenea, sostenuta da una buona tecnica e un’ottima presenza scenica, che gli permettono di rendere al meglio il carattere dell’eccentrico musicista. Ottima prova anche per André Henriques nel ruolo del filosofo Colline. Dotato di una voce dal colore bello e rotondo, propone una Vecchia zimarra intensa e cantata con grande musicalità, anche se manca un po' di legato e la pronuncia italiana potrebbe essere a tratti più curata. João Merino, che sostiene sia la parte del signor Benoît che di Alcindoro, offre un’interpretazione molto naturale dei due personaggi, che spesso vengono superficialmente raffigurati come macchiette. Miguel Reis (Parpignol) si fa notare per la voce dal colore caldo e limpido e per l’emissione alta e fluida. Bravi Costa Campos come sergente, João Oliveira come doganiere e il bambino, non citato in locandina.
Per lo spettatore italiano risulta un po' strano il fatto che il pubblico non applaude dopo le arie, anche in presenza di esecuzioni notevoli. Tuttavia, gli applausi fra un atto e l’altro e alla fine sono calorosi per tutti, con standing ovation per orchestra e direttore. Per chi si trovasse a Lisbona o avesse voglia di farsi un viaggio lo spettacolo potrà ancora essere ammirato il 17, 19 e 20 marzo prossimi.
La recensione si riferisce alla prima dell’11-03-2022
di Kevin De Sabbata
(15-03-2022)
Photo credit: António Pedro Ferreira/TNSC