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Mercoledì sera, la Milton Court Concert Hall della Guildhall School of Music and Drama di Londra ha ospitato, nell’ambito della stagione del Barbican londinese, il gradito ritorno di Natalie Dessay. Dopo essersi ritirata, nel 2013, dalle scene dei grandi teatri d’opera in cui ha regalato memorabili interpretazioni in ruoli da soprano leggero come la Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart, Amina nella Sonnambula belliniana e Olympia nei Racconti di Hoffman di Offenbach, il soprano francese è da qualche anno ritornata ad esibirsi in pubblico in più intimi recital accompagnati al pianoforte. In questa occasione, il programma proposto è tutto incentrato sulla figura femminile, con nella prima parte lieder di tre grandi compositrici tedesche come Fanny Mendelssohn, Clara Schumann e Alma Mahler e, nella seconda parte, alcuni gioiellini del repertorio francese che esprimono varie sfumature dell’animo femminile.
Trattandosi di un’artista che non si vede più così spesso nei circoli lirici mainstream, c’era una comprensibile curiosità nel vedere se le (grandi) qualità tecniche e interpretative di un tempo fossero ancora tutte lì, e in generale le aspettative non sono state deluse. Nella zona medio alta la voce è ancora completamente integra ed è anche assolutamente intatto il timbro vocale molto particolare, madreperlaceo, etereo, a tratti quasi fragile, ma sempre interessante che l’ha sempre contraddistinta. Sembra esserci purtroppo qualche problema nella zona medio-grave che, risentendo forse dell’età o forse di alcuni passati problemi vocali, suona spesso opaca, farinosa, poco sonora. Anche questi limiti però sono gestiti con una maestria che mostra ancora una volta l’indubbia padronanza tecnica della Dessay. L’emissione vocale è comunque leggerissima, autenticamente sul fiato e ricorda a tratti quella sana tecnica del passato che si ha spesso l’impressione che si vada perdendo. Dall’altro lato, le abilità sceniche ed interpretative, già spiccate un tempo, non hanno potuto far altro che raffinarsi ed acquistare in sensibilità e profondità.
La prima parte del concerto, con Dämmrung senkte sich von oben, Vorwurf e Suleika di Fanny Mendelssoh e Liebst du um Schönheit, Sie liebten sich beide, Warum willst du and’re fragen e Er ist gekommen di Clara Schumann è tutta giocata su toni intimi e sulle mezze voci, con un approccio che si adatta perfettamente agli attuali mezzi vocali e qualità interpretative della cantante. L’esecuzione dei lieder di Alma Mahler è forse meno solida dal punto di vista tecnico, con alcuni suoni spoggiati e delle note non completamente a posto nella tessitura medio-grave su cui questi pezzi tendono ad insistere, ma che comunque conferiscono ai brani un’atmosfera da musica popolare, quasi brechtiana-weiliana, che ha un certo fascino. Nel repertorio francese Dessay fa un maggiore sfoggio delle sue qualità e volume vocali, che risaltano particolarmente nelle dirompenti interpretazioni di Mes longs cheveux, (dal Pelléas et Mélisande di Debussy) e Pleurex mes yeux (da Le Cid di Massenet) eseguite con un pathos che inchioda lo spettatore alla poltrona e costringe l’artista ad asciugarsi le lacrime scese durante l’esecuzione. Molto piacevole l’interpretazione di La Dame de Montecarlo in cui la Dessay riesce a rendere tutta l’ironia della romanza di Poulenc, grazie ad un sapiente gioco di sguardi e gesti scenici, coronato da una lunga impressionante messa di voce finale. In Ah, je ries de me voir si belle dal Faust di Gounod ritroviamo la Natalie Dessay regina del repertorio brillante. Alla fine, con Tu m’as donné le plus doux rêve dalla Lakmé di Delibes, concessa come bis, torniamo ai toni intimistici e tutti in pianissimo dell’inizio, leitmotiv di un concerto di grande suggestione.
Philippe Cassard, al pianoforte, accompagna ogni brano in maniera attenta e in perfetta sintonia con la solista, garantendo sempre un suono ricco e rotondo. Buone anche le sue esecuzioni della Romanza per pianoforte in La minore Op. 21 di Clara Schumann e della Mélodie Op 10 No 5 di Massenet. Alla fine applausi calorosi da una sala non proprio gremita ma comunque molto soddisfatta.
Kevin De Sabbata
(Credit photo: Mark Allan)