.
AKHNATEN
Opera in tre atti di Philip Glass
su libretto di Philip Glass in collaborazione con Shalom Goldman, Robert Israel, Richard Riddell and Jerome Robbins
Direttore: Karen Kamensek
Regia: Phelim McDermott
Scene e proiezioni: Tom Pye
Costumi: Kevin Pollard
Personaggi e interpreti
Akhnaten Anthony Roth Costanzo
Nefertity Chrystal E. Williams
Regina Madre Tye Morgana Haegee Lee
Scriba (narratore) Zachary James
Horemhab Belson Wilson
Aye Jolyon Loy
Gran sacerdote di Amon Paul Curievici
Figlie di Akhnaten Ellie Neate (Bekhetaten)
Isabelle Peters (Meretaten)
EllaTaylor (Maketaten)
Felicity Buckland (Akhesenpaaten)
Amy Holyland (Neferneferuaten)
Lauren Young (Sotopenre)
Luci: Bruno Poet, riprese da Gary James
Coreografia e movimenti scenici: Sean Gandini
Maestro del coro: Mark Biggins, assistito da Avishka Edirisinghe
Foto: I atto - © Belinda Jiao
‘È come guardare quello che ovviamente è il disegno di un bambino, solo grande tre metri quadrati ed eseguito con evidente, estenuante cura’. Così il critico del Musical Times Paul Griffiths descriveva Akhnaten di Philip Glass, alla vigilia della sua prima inglese del 1985. Lo stesso spirito sembra caratterizzare anche la riproposizione dell’opera in scena in questi giorni alla English National Opera (ENO) presso il London Coliseum, che spicca per la impressionante, curatissima messinscena e la perizia musicale, vocale e scenica dei solisti e delle masse. Si tratta di una ripresa dello storico allestimento per la regia di Phelim McDermott le scene di Tom Pye e i costumi di Kevin Pollard, già andata in scena a Londra nel 2016 e nel 2019 e al Met nel maggio-giugno 2022, realizzata in co-produzione con la compagnia teatrale Improbable e con la Los Angeles Opera.
Foto: Chrystal E. Williams (Nefertity), Anthony Roth Costanzo (Akhnaten), Morgana Haegee Lee (Tye) © Belinda Jiao
La vicenda dell’opera, composta nel 1983 per il Württembergische Staatstheater Stuttgart (la prima mondiale fu il 24 Marzo 1984), è incentrata sulla vita dell’eponimo faraone dell’era Amarna, controverso e visionario fautore del primo esperimento (o utopia) monoteista nell’antico Egitto, poi crollato e cancellato dalla restaurazione del vecchio ordine religioso dal successore Tutankhamen. La trama dell’opera è frammentata. Si tratta piuttosto di una serie di episodi o immagini, tenuti insieme da una narrazione in prosa, che vanno dal funerale del padre Amenhotep III e conseguente incoronazione di Akhnaten (I atto), alla distruzione del tempio di Amon con cacciata dei sacerdoti custodi della tradizionale religione politeista e fondazione della nuova capitale Akhetaten al fine di instaurare il nuovo culto monoteistico della divinità solare Aten, seguita dal duetto che esprime il profondissimo amore del faraone per la moglie Nefertiti (atto II), fino alla riscossa dei nemici del nuovo regime, alla distruzione di Akhetaten e all’uccisione di una famiglia reale e di un faraone troppo presi dalla loro estasi e utopica contemplazione del nuovo Dio per reagire alla crisi incombente (prima parte del III atto). Nel finale dell’opera, l’azione si sposta nell’epoca contemporanea, in cui degli ideali e della capitale di Akhnaten non restano che scarne rovine per turisti distratti, su cui aleggiano tristi i fantasmi del faraone, della consorte e della regina madre. Il messaggio che emerge dall’opera non è del tutto univoco. Da un lato, questa è la storia della lotta per un sistema fondato sulla libertà (rispecchiato anche dall’arte dell’era Amarna tendente al naturalismo) e vi è una qualche riflessione sul tragico prezzo delle utopie. Dall’altro, si tratta pur sempre dell’esaltazione della visione e della forza (o arroganza) di un uomo solo al comando. Una simile ambiguità si riscontra nella musica, che, a causa dello stile minimalista e ripetitivo tipico di Glass, può apparire anche monotona di primo acchito. Il compositore americano, però, fa un uso sapientissimo delle armonie e del colore orchestrale. A teatro, con il completamento dell’azione scenica, la ripetitività della composizione acquista pienamente senso e si trasforma in mistico ipnotismo.
Foto: Anthony Roth Costanzo (Akhnaten) e Chrystal E. Williams (Nefertity) - © Belinda Jiao
In questa produzione, McDermott propone una messinscena spettacolare, con una eclettica commistione fra l’antico e il moderno, a sottolineare il collegamento fra la nostra epoca e la vicenda del protagonista, precursore di un monoteismo ora divenuto la norma. Ci sono alcuni elementi da ormai vecchio regie theater su cui si può discutere, come una certa insistenza nel I e III atto nell’uso delle luci fredde di taglio e le solite giacche color militare con pantaloni alla zuava per gli uomini del coro. In questo caso, però, tali scelte sono comunque coerenti con lo spirito e l’estetica (anche musicali) del pezzo. Così, nel I atto, le impalcature rivestite di lamiera (anche queste viste varie volte) trasmettono perfettamente la rigidità della religione tradizionale, aprendosi poi nel II atto, quando, dopo la distruzione del vecchio tempio, il sole-Aten, reso tramite una soverchiante e abbacinate sfera luminosa dai colori via via più caldi e carichi, inonda la scena della sua luce. Suggestivo anche l’uso di elementi al neon per sottolineare parti salienti dell’azione. Particolarmente degni di nota i movimenti coreografici curati da Sean Gandini, con esercizi di giocoleria ben congeniati che si integrano perfettamente nella scena, composti di arditi passaggi sincronizzati che coinvolgono anche il coro e i solisti. I costumi, si segnalano per alcune geniali trovate, come lo splendido mantello dorato del Faraone, che creava l’impressione che questi levitasse nel muoversi, e i gli abiti in tulle rosso Valentino con strascico del duetto d’amore fra Akhnaten e Nefertiti.
Foto: II atto, scena del Sole - © Belinda Jiao
Passando alla parte musicale, Karen Kamensek dimostra un solido dominio della partitura, con un ottimo coordinamento fra buca e palco. L’orchestra della English National Opera sfoggia un bel suono, su tonalità forse leggermente più chiare che in altre esecuzioni, ma che comunque esalta le armonie e restituisce tutta l’atmosfera metafisica tipica del brano, elemento essenziale in una composizione come questa. Forse alcuni momenti come il preludio iniziale, avrebbero beneficiato di una maggiore energia e di tempi leggermente più mossi; comunque, la resa è molto buona. Davvero encomiabile la prova del coro della ENO sotto la direzione di Mark Biggins e dell’assistente Avishka Edirisinghe da lodare per la grande precisione, il suono sontuoso e l’abilità scenica.
Foto: Anthony Roth Costanzo (Akhnaten) - © Belinda Jiao
Per quanto riguarda la parte vocale un incondizionato ed ammirato ‘chapeau!’ va al controtenore Anthony Roth Costanzo (nella parte di Akhnaten), che supera magistralmente una prova difficilissima. La regia lo pone davanti ad una serie non indifferente di sfide richiedendogli precisi movimenti al rallentatore, flessioni e capovolgimenti a testa in giù, e una lunga apparizione in nudo integrale nel I atto. Tutte queste difficoltà sono superate con assoluta naturalezza. La voce è di bel colore, l’emissione è fluida, elastica, omogenea, tutta davanti. La recitazione è in linea con l’atmosfera rarefatta e stilizzata che caratterizza lo spettacolo. L’Inno al Sole del II atto è eseguito con grande carattere ed intensità. Chrystal E. Williams, nel ruolo della consorte di Akhnaten Nefertiti, può contare su una voce rotonda, sensuale e ben gestita, oltre che su di una incisiva personalità e presenza scenica. Queste qualità si notano in particolare nell’ottetto della famiglia reale nel III atto. Buona anche la prestazione di Morgana Haegee Lee nel ruolo della regina madre Tye. Il soprano leggero coreano mostra una sicura padronanza dei propri mezzi tecnici e vocali che si apprezza soprattutto nel duetto con Akhnaten del I atto, caratterizzato da una impegnativa lunga sequenza di note staccate e ribattute.
Foto: Zachary James (scriba-narratore) - © Belinda Jiao
L’attore Zachary James ricopre il ruolo dello scriba narratore a cui è affidato il compito di far comprendere al pubblico la vicenda e i collegamenti fra i vari episodi. Dotato di una fisicità prestante e di una voce calda e ben proiettata, James risulta imponente, solenne, ieratico, ma mantenendo comunque una certa naturalezza ed evitando la retorica. Notevole la sua abilità nel partecipare in alcuni intricati esercizi di giocoleria. Buona anche la prova di Paul Curievici nel ruolo del gran sacerdote di Amon, cantato con gusto e musicalità. Bravi Belson Wilson (il generale e futuro faraone Horemhab) e Jolyon Loy (Aye, il padre di Nefertiti e consigliere del faraone) che cantano in trio con il gran sacerdote e fanno esprimere all’ensemble un suono al contempo rotondo e provvisto dello squillo richiesto dai momenti più epici e drammatici. Bene anche il sestetto delle figlie del faraone interpretate da Ellie Neate (Bekhetaten) Isabelle Peters (Meretaten) EllaTaylor (Maketaten) Felicity Buckland (Akhesenpaaten) Amy Holyland (Neferneferuaten) Lauren Young (Sotopenre).
Alla fine meritatissimo successo per tutti. Se potete venire a Londra a vedere le ultime repliche o, in mancanza, volete acquistare un DVD dello spettacolo, fatelo: proverete un’esperienza particolare sia sul piano visivo che musicale.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 18-03-2023
Kevin De Sabbata
(19-03-2023)
Foto: III atto - © Belinda Jiao