ALCINA
Opera in tre atti di George Frideric Handel
su libretto di Antonio Marchi
tratto dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
Direttore: Christian Curnyn
Regia: Richard Jones
Scene e costumi: Antony McDonald
Personaggi e interpreti
Alcina Lisette Oropesa
Ruggiero Emily D’Angelo
Morgana Mary Bevan
Bradamante Varduhi Abrahamyan
Oronte Rupert Charlesworth
Melisso/Atlante Josè Coca Loza
Oberto Balakai M Bayoh
Luci Lucy Carter
Coreografia Sarah Fahie
Si sta concludendo in questi giorni al Covent Garden di Londra, la serie di repliche della nuova produzione dell’Alcina di Handel che, dopo quasi trent’anni, riporta l’opera sul palcoscenico su cui ebbe la sua prima rappresentazione nel 1735.
Anche in questa occasione, la vicenda viene riletta in chiave moderna. Tuttavia, stavolta, il regista Richard Jones e lo scenografo e costumista Antony McDonald, gestiscono la trasposizione con una certa intelligenza, rimanendo coerenti almeno con lo spirito e la logica originali. Alcina, più donna che maga, diventa una di quelle dive patinate che reclamizzano i vari J’adore e Chanel No. 5 e trascina i vari cavalieri e altri malcapitati (qui dei puritani Amish) fuori dalla retta via all’insegna di Amore, Grazia, Dovere e Cortesia su cui Melisso/Atlante, qui trasformato in pastore protestante, cerca di condurli. Comunque, la messinscena trasmette lo stesso un certo senso del fantastico, grazie alla lussureggiante verzura che appare periodicamente in scena e agli ex-amanti di Alcina trasformati effettivamente in esseri dal corpo umano e dalla testa di animale, simili a quelli che si trovano nei quadri di Hyeronimus Bosch. Non mancano però le cadute di stile, come il balletto con mossette da balli di gruppo, decisamente fuori stile, sulle note di ‘Tornami a vagheggiar’. In questo senso, i movimenti scenici curati da Sarah Fahie sembrano spesso fare a pugni con il contesto e la sublime musica di Handel. Le luci di Lucy Carter conferiscono un’atmosfera calda all’insieme, anche se mancavano un po' di varietà, rimanendo sugli stessi toni tendenti al bianco per quasi tutte le quattro ore dello spettacolo. Nel complesso, comunque, l’approccio registico permette di rendere in maniera efficace il senso della storia, che ha al suo centro la riflessione sulla debolezza della volontà di fronte al potere della bellezza e alla dolce tentazione di fuggire dalla cruda realtà per rifugiarsi in mondi fantastici; tentazioni che da un lato ci mettono nei guai, ma a cui non possiamo rinunciare, pena lo sradicare dalla vita umana quel fascino un po' pericoloso che la rende tale.
Passando alla parte musicale, la produzione si caratterizza per l’alta qualità della parte vocale, con prestazioni di alto livello su cui svetta quella della protagonista, Lisette Oropesa. La voce, dal timbro complesso e affascinante, brillante ma al contempo colorato di sfumature scure e sensuali, è particolarmente adatta a rendere il carattere di Alcina, da un lato irresistibile ammaliatrice e dall’altro donna fragile in balia dei sentimenti. L’interpretazione è un crescendo d’intensità, da ‘Dì, cor mio’ e ‘ Sì, son quella‘, eseguite con temperamento ed un fraseggio elegante, fino alla potente interpretazione di ‘Ah! Mio cor, schernito sei’, in cui Oropesa rende attraverso ogni nota, parola e gesto la drammaticità della realizzazione della propria debolezza da parte del personaggio. La voce corre meravigliosamente per la sala, l’emissione è fluida ed elastica, con acuti sfavillanti. La grande padronanza tecnica le permettono di gestire con notevole libertà e naturalezza anche i passaggi più impervi come le due arie del III atto ‘Ma quando tornerai’ e ‘Mi restano le lagrime’.
Emily D’Angelo, nella parte di Ruggiero, possiede una voce dal bel colore brunito e dal timbro omogeneo, sostenuta da una tecnica solida, con agilità sicure. Il mezzosoprano italo-canadese riesce a trasmettere in maniera molto credibile il carattere maschile del personaggio, cosa non facile ma cruciale nei ruoli en travesti in generale e in questo ruolo in particolare. Le qualità vocali ed interpretative di D’Angelo risaltano soprattutto nelle due arie del II atto ‘Mi lusinga il dolce affetto’ e ‘Mio bel tesoro’, cantate con perizia, intensità ed un sapiente uso dei colori. L’esecuzione di ‘Verdi prati’ è di grande suggestione. Il ruolo di Bradamante è sostenuto da Varduhi Abrahamyan, la quale può contare su una voce rotonda, dal colore uniforme su tutta la gamma e su un’emissione libera e fluida. Il mezzosoprano franco-armeno domina molto bene le asperità della parte, molto virtuosistica, con agilità rutilanti e ben cesellate. Particolarmente notevole in questo senso è la sua esecuzione di ‘Vorrei vendicarmi’, nel II atto.
Decisamente non all’altezza degli altri, Mary Bevan, nel ruolo di Morgana. Purtroppo l’emissione arretrata e artificiosa le impedisce di cantare con la necessaria naturalezza, portando spesso ad acuti forzati e anche a qualche problema d’intonazione. La dizione è impastata e presso che inintelligibile e c’è una tendenza, di cui è in parte responsabile anche la regia, all’esagerare sotto il piano della recitazione e della gestualità. Così ‘Tornami a vagheggiar’ manca dell’esuberanza vocale necessaria e ‘Credete al mio dolore’ non emoziona come dovrebbe. Molto buona, invece, la prova di Rupert Charlesworth (Oronte). Di lui sono da apprezzare la voce dal colore molto bello, le grandi doti attoriali e la dizione scolpita (anche se a volte si sente una leggera inflessione inglese), evidenti soprattutto nei recitativi. Nella sua esecuzione di ‘Semplicetto! A donna credi?’ c’è ancora qualcosa da migliorare (ad esempio, gli acuti tendono ad essere cantati un po' troppo di forza). Dall’altro lato ‘Un momento di contento’ è ben cantata. Bene anche Josè Coca Loza nella parte di Melisso/Atlante, cantata tecnicamente bene e con misura.
Si è molto discusso del dodicenne Balakai M Bayoh (Oberto), oggetto, alla prima, della sonora contestazione da parte di uno spettatore. A questo proposito, la tendenza è stata quella di concentrarsi più sullo spiacevole episodio e sul sospettato movente raziale (visto il colore della pelle del ragazzo) anziché sull’aspetto musicale e vocale. Se ci si concentra su questo (che è quello che conta), l’interpretazione in questione è effettivamente caratterizzata da luci e ombre. In realtà, il giovane cantante possiede una bel timbro vocale, canta con musicalità ed offre alcuni passaggi ben eseguiti. Tuttavia, la voce appare spesso non ben posizionata, scivolando all’indietro e risultando spesso opaca e debole. Si può senz’altro discutere (e con ottimi argomenti) dell’opportunità di continuare ad affidare parti di questa difficoltà ad adolescenti. Tuttavia, in questo caso c’è anche da tenere presente un altro aspetto che ha a che fare con l’approccio all’insegnamento del canto in voga nelle scuole e cantorie delle cattedrali inglesi in cui questi ragazzi vengono formati. Tali istituzioni svolgono un compito meritorio nell’avviare al canto eserciti di ragazzini che ricevono un’educazione musicale che in molti altri paesi (Italia compresa) non potrebbero sperare. Tuttavia, la tecnica vocale che vi si insegna è spesso basata su un’emissione più arretrata e meno proiettata, oltre che su una respirazione più alta rispetto a quanto consigliano i sani dettami della tecnica del canto italiano. Ciò da luogo a delle vocalità adatte alle cappelle dei college di Cambridge ma non ai grandi teatri, come si nota anche in molti artisti adulti ed affermati provenienti da quella tradizione tecnica, a ulteriore riprova dell’importanza di preservare e promuovere la nostra tecnica del canto lirico, così spesso trascurata anche in patria.
Venendo alla parte orchestrale, il direttore Christian Curnyn, alla testa dell’orchestra della Royal Opera House, propone una direzione disciplinata e attenta, accompagnando bene i cantanti senza mai coprirli. Tuttavia, il suono orchestrale non trasmette spesso tutta la magia e il pathos che caratterizzano la partitura handeliana, con tempi spesso piuttosto compassati. Nonostante ciò, vi sono alcuni momenti suggestivi, come il dolcissimo accompagnamento su ‘Verdi Prati’. Alla fine applausi e successo per tutti.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 22-11-2022
Kevin De Sabbata
(24-11-2022)
Photo credits: Marc Brenner
In questo video il soprano Lisette Oropesa parla del ruolo di Alcina e dei suoi impegni artistici futuri. Sul finire del video alcuni momenti dalle prove di sala di Alcina.
Infine vi proponiamo due immagini storiche di Alcina, il frontespizio dello spartito a stampa e una illustrazione della metà dell'800