Carissimi ecco il resoconto dell'Orfeo ed Eurodice andato in scena presso il Teatro di Cagliari sabato 20 novembre ad opera della nostra bravissima moderatrice Loredana Atzei, presente allo spettacolo. Buona lettura!
Il Teatro di Cagliari apre la stagione lirica scommettendo sull “Orfeo ed Euridice di C.W. Gluck.
Una scommessa che senza dubbio vince mettendo in scena un nuovo allestimento che punta su giovani interpreti bravi e promettenti, affidati alla Direzione del Maestro George Petrou considerato uno dei più grandi specialisti della musica Barocca a livello mondiale.
La storia appartiene al mito ma il tema trattato la rende senza tempo.
Orfeo è poeta, musicista e cantore. Con la voce e la melodia della sua lira incanta gli animali, gli uomini e persino gli Dei che, commossi dal suo canto per la perdita dell’ amata Euridice, gli consentono di scendere nell’Ade per ritrovarla e riportarla in vita, a patto che non si volti mai a guardarla. L’impresa è quasi riuscita quando Orfeo, accusato ingiustamente dalla donna di non essere più da lui amata, si volta a guardarla solo per vederla morire una seconda volta.
Ma il finale tragico non si addice alle opere teatrali settecentesche per questo Gluck si adegua alle convenzioni dell’epoca scegliendo il lieto fine.
Euridice ritorna in vita per una seconda volta trasformando così il mito eterno dei due tragici amanti in un elegante ed etereo capolavoro tardo Barocco con toni favolistici.
Esistono almeno sei versioni e Orfeo viene a seconda dei casi cantato da un castrato, un controtenore, un contralto, un mezzosoprano fino ad arrivare ai giorni nostri con la scrittura anche per il registro tenorile.
L’edizione scelta dal Lirico di Cagliari si rifà alla versione Ricordi del 1889 realizzata nell’occasione di una ripresa dell’Opera a Milano e che traduce in italiano la versione parigina del 1774 a cui vengono fatte numerose aggiunte estrapolate dalla versione dell’ “Orphèe” di Berlioz.
In questa versione il ruolo da protagonista è affidato ad un mezzosoprano e riprende la scrittura voluta proprio da Berlioz per l’ “Orphée” che venne adattata a Pauline Viardot.
Il sipario si apre su una scena lugubre e essenziale con il coro accanto al feretro che innalza il suo lamento per la morte di Euridice. I gesti scenici sono ridotti al minimo. Il tutto si svolge con studiata eleganza che riflette la raffinatezza degli abiti e delle scene, semplici ma efficaci e visivamente potenti. Tutto questo ha per risultato che i protagonisti assoluti della scena diventano la musica e il canto.
E’ il colore della voce che esprime il sentimento e la tragedia. Attraverso gli accorati lamenti di Orfeo comprendiamo la sua sofferenza. Il grande dolore non ha bisogno di sceneggiate per toccare il cuore del pubblico. Bastano le noti dolenti nella voce di Orfeo per essere completamente avvolti dal dramma. Lo sapeva Gluck oltre 200 anni fa e lo ha saputo rappresentare bene il regista Nicola Berloffa che porta sul palco uno spettacolo privo di orpelli, e scenografie preziose, e incentra tutto sulla tragedia della morte.
Oltre alla regia Berloffa cura anche i costumi che con fantasia si ispirano ad abiti del ‘700.
Valerio Tiberi alle luci, Aurelio Colombo alle scene e Luigia Frattaroli alle coreografie, completano il quadro in cui si muovono i protagonisti il tutto con una coerenza stilistica impeccabile.
La grande musica entra in scena subito con la sinfonia iniziale.
Petrou dirige l’orchestra ( che è ancora a livello della platea ) a regola d'arte, dimostrandosi capace di interpretare la partitura con quella sensibilità necessaria per dirigere un’Opera di questo tipo. Alterna momenti di impeto musicale nella danza delle furie, ad una carezzevole delicatezza quando Euridice si risveglia negli Elisi avvolta da un’algida atmosfera dove i sensi sono placati in una calma accettazione.
Il Coro diretto dal Maestro Giovanni Andreoli offre una buona prova. Occupa uno spazio arretrato rispetto alla scena apparendo a volte come corteo funebre, altre volte come ombre dietro le velature e accompagna ora sommessamente, ora con veemenza l’avventura di Orfeo negli inferi per poi concludere in festa all’amore ritrovato dei due sposi.
Trionfatrice della serata è Ana Victoria Pitts che interpreta Orfeo. Notevole presenza scenica.
Capace di trasferire al pubblico i suoi tormenti attraverso una voce potente. La bella linea di canto e il colore sono messe in luce soprattutto nell’aria “Addio, o miei sospiri…” alla fine del secondo atto e premiate da un applauso fragoroso a scena aperta. Applauso che viene ripetuto con altrettanto calore dopo la celebre “Che farò senza Euridice…”.
Il ruolo di Euridice è affidato a Theodora Raftis. Soprano di coloratura dalla voce ampia, cristallina che risolve bene le agilità restituendoci un personaggio straziato dalla paura di aver perso l’amore del suo amato. Applausi meritatissimi nell’aria “Che fiero momento! Che barbara sorte!”
Infine Amore è bene interpretato da Silvia Frigato, soprano specializzata in repertorio Barocco. Il suo personaggio si muove con un pizzico di giocosità e il suo ingresso è costellato di fiori con un’invenzione scenica che mira più costruire il personaggio, sottolineandone l’aspetto Divino, più
che ad avere una funzione scenica. Ciò non toglie che anche esteticamente la scelta sia felice.
Un ottimo allestimento con interpreti e musicisti che hanno saputo coinvolgere il pubblico in gran parte composto da giovani e giovanissimi. Bambini compresi. E questo fa ben sperare per il futuro.
Non posso però non riferire un’unica nota dolente. Nonostante le direttive che portano la capienza del teatro al 100% in platea molti posti sono restati vuoti.
Non resta che sperare che il pubblico riprenda fiducia in fretta e torni a Teatro a nutrirsi di musica,
canto e miti immortali.
Loredana Atzei
Alcune immagini dei saluti finali