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La lezione di Serpina.
Il 5 Marzo del 2023 ci arriva una grande lezione dal passato, e a imparticela è Serpina, la protagonista del piccolo gioiello di Giovanni Battista Pergolesi, L’ operina “La serva padrona”, andato in scena per la prima volta a Napoli nel 1733 come intermezzo all’opera seria “Il prigionier superbo”.
Serpina appunto è chiara fin dall’inizio. Lei non è serva di nessuno.
Questa determinazione della giovane diventa il punto focale su cui la regia si concentra per portare alla ribalta una denuncia forte contro ciò che succede in alcune parti del mondo dove questa rivendicazione di libertà viene calpestata, e la donna è costantemente umiliata.
L’approccio alla tematica è deciso ma senza esagerazioni, non snatura ne la storia ne i personaggi, anzi. Tutto viene risolto con una coerenza e un’eleganza di stile capace di far risaltare il meglio dell’opera.
Si ride e si pensa. E queste due cose quando vanno a braccetto hanno sempre una forza rivoluzionaria.
Il regista Salvatore Zito dunque veicola questo importante messaggio con risoluzione e altrettanta leggerezza portando in scena uno spettacolo divertente, perfettamente equilibrato e di grande fascino.
Presenti in sala tante personalità tra le quali spiccano Maria Caterina Manca, Presidente del Consiglio Comunale di Bologna, il M° Aurelio Zarrelli Direttore del conservatorio di Bologna e Il M° Andrea Migliori, Direttore del Centro Musicale Preludio, al quale vanno anche i ringraziamenti per aver donato gratuitamente le aule del Centro Musicale per le prove.
Ad introdurre la serata è il soprano Francesca Pedaci che si occupa della Direzione artistica dello splendido Teatro di Villa Mazzacorati e che ha presentato negli ultimi mesi una rassegna, quella di “Passione in musica”, ricca di spettacoli di gran pregio.
Questo teatro storico, che il 24 Settembre compirà 260 anni dall’inaugurazione, si presenta come un vero e proprio gioiello ed è gestito con grande serietà e competenza dalla Direttrice del Teatro, la Dottoressa Giulia Dalmonte e da Fabio Mauri, Presidente dell’Associazione “Succede solo a Bologna”.
A seguire un commovente intervento di Azadè Oghbatalab, giovane ragazza Iraniana, che racconta con coraggio e dolore cosa sta accadendo in questo momento alle donne del suo Paese impegnate nella lotta con lo slogan di “Donna, vita, libertà”.
Dalle rappresaglie contro chi manifesta il dissenso, agli avvelenamenti nelle scuole al fine di dissuadere le ragazze dal continuare a studiare.
Un paradosso incredibile se si considera ad esempio che le donne Iraniane, come lei stessa racconta, ebbero il voto prima delle Italiane. Ecco allora che ancora di più risulta incredibile e inaccettabile questa regressione al medioevo di un paese che rappresenta la culla della civiltà.
Il teatro registra un tutto esaurito e un pubblico appassionato.
Sul palco pochi arredi, due divanetti neri, un tavolino con pane, bicchieri e una bottiglia.
I decori sono costituiti dagli splendidi pannelli dipinti che simulano un lungo colonnato di marmo e ampliano la prospettiva.
Sembrerebbe davvero di assistere all’opera nell’epoca in cui venne creata.
Se non fosse per i costumi eleganti in un originale stile steam-punk che rappresentano, insieme al personaggio stesso di Serpina, un elemento di modernità del tutto anacronistico.
Contribuisce a rendere plausibile la scena il sapiente trucco e parrucco di Valentina Frabetti.
La ricerca del personaggio attraverso le sfumature, una resa vocale sempre pertinente, e un declamato in cui il controllo della tempistica è assolutamente essenziale per far scattare la risata nel pubblico sono tutte qualità che spiccano in questa produzione dove il gesto musicale è sostenuto da due forme di accompagnamento: Il pianoforte suonato dal Maestro Amedeo Salvato, che accompagna le arie, e il clavicembalo suonato da Giovana Ceranto con il compito di accompagnare i recitativi.
Gli strumenti si inseriscono e sottolineano la vis comica, sostengono colorano e dialogano con i protagonisti in un ensemble capace di rivelare tutto il valore cromatico di quest’operina.
Uberto è interpretato dal bass-baritono Alessandro Branchi. Alto, smilzo, barba e baffi importanti, e un trucco che lo invecchia. Rispetto al basso, al quale di solito viene affidato il ruolo, ha una luminosità maggiore nel timbro. Da un punto di vista interpretativo rifugge dalla solita rappresentazione buffa del personaggio.
E’ qualcosa di più del padrone da imbrogliare. Lo si nota immediatamente nella recitazione curata e intima, e nei colori vocali che usa in modo sapiente rivelandoci un uomo tormentato, smanioso, innamorato della sua serva e proprio per questo titubante e debole nei confronti della ragazza.
E’ anche spaventato da questo sentimento e, sebbene in chiave risibile, il suo è un vero e proprio struggimento d’amore che la tempistica musicale e la dinamica sulla scena trasforma in siparietto comico.
Ogni parola viene cesellata in modo espressivo.
Incalzato dal pianoforte sin dall’entrata in scena snocciola con andamento nervoso, smanioso, caotico l’aria “Aspettare e non venire…” .
I quattro versi declinati all’infinito si ripetono in modo ossessivo in un monologo in cui Uberto in modo spasmodico dialoga con se stesso, con Serpina, e con il servo muto Vespone.
Ugualmente in “Sempre in contrasti con te si sta…” assistiamo alla caratterizzazione di un uomo che si vuole imporre sugli altri senza riuscirci. Il ritmo del dialogo è serrato, ricco di variazioni, l’intenzione è patetica e boriosa allo stesso tempo, incline alla comica disperazione.
Nei panni di Serpina, serva astuta che conosce benissimo tutte le armi femminili e non esita a sfoderarle per guadagnarsi quella dignità che le spetta, troviamo il giovane soprano He Yue al suo debutto nel ruolo.
Sfodera una voce brillante e agile, ricca di musicalità.
Unisce all’eleganza di una recitazione sofisticata, un’ampia gamma di espressioni del viso: Dallo sguardo languido a quello furbetto. Dal visino imbronciato all’espressione più superba. Si può dire di aver trovato in lei la Serpina ideale: insinuante, maliziosa, padrona fin dal suo primo incedere sul palco.
L’aria del primo intermezzo “Stizzoso, mio stizzoso…” è eseguita con le giuste dinamiche espressive e con grande ricchezza di armonici. Anche qui la variazione dei tempi e i colori sono ben svolti e determinanti per ottenere la simpatia del personaggio che alterna sapientemente docilità e fermezza nel comandare.
Il primo intermezzo si conclude con il duetto d’azione “Lo conosco a quegli occhietti…” ed è quello che sottolinea i veri rapporti di forza tra i due con una Serpina ben consapevole del proprio valore e con un Uberto che cerca di resistere alle sue lusinghe ben intenzionato a trovare una moglie che non sia lei per liberarsi dal suo giogo.
Veste i panni di Vespone, il servo muto di Uberto, l’attore Luca Mazzamurro. Camicia bianca, gilet di broccato rosso, pantaloni in pelle nera. Vespone è una maschera molto vicina al teatro dell’arte. Non avendo voce tutta la sua espressività risiede nella mimica del volto e in una gestualità sempre mirata talmente efficace da suscitare spesso la risata tra gli spettatori.
Coinvolto nei piani di Serpina per far ingelosire Uberto si traveste da Capitan Tempesta che qui viene rappresentato con voluminosa barba nera, tunica e pantaloni bianchi e un turbante sulla testa. Fa il suo ingresso animato da una ferocia esasperatamente ridicola.
Per far breccia nel cuore di Uberto e volgerlo a compassione Serpina ad un certo punto indossa un ampio velo mentre con espressione fintamente dimessa si esibisce in “A Serpina penserete…”.
Ciò che è divertente è che sappiamo che la trovata è un inganno di Serpina, ciò che invece è dirompente è che si ride due volte: la prima volta perché ci si prende gioco di un uomo che vuole comandare su di una donna, la seconda perché ci si prende gioco della feroce dittatura che vorrebbe comandare su tutte le donne.
E niente fa più male al potere dell’ essere ridicolizzato.
E qui il regista Salvatore Zito da una grande lezione su come si può valorizzare ulteriormente un’opera d’arte attualizzandola e veicolando un messaggio forte senza però mai cadere nella strumentalizzazione o nelle forzature.
Dall’altra parte mostra quanta modernità c’è nell’opera di Pergolesi.
In sostituzione dell’originale duetto finale “Contento tu sarai…” la rappresentazione si conclude con “Per te io ho nel cuore…” che venne aggiunta due anni dopo, nel 1735, e che è tratta dal Flaminio.
Personalmente la ritengo un’ottima scelta perché il brano ha delle variazioni nel ritmo più gustose, tutte giocate sull’onomatopea dei battiti del cuore dei due protagonisti “Tippitì…” e “Tippità…” .
Una confessione amorosa rivolta non solo al partner ma anche a se stessi.
Uberto e Serpina scoprono solo alla fine che quel palpito che sentono è proprio amore dell’uno per l’altra.
Un amore dove non c’è più ne voglia ne spazio per comandare.
Ne, soprattutto, per servire.
Le interviste agli artisti:
La Serva padrona andata in scena a Bologna il 5 Marzo 2023 è una produzione che è stata fortemente voluta dal soprano Francesca Pedaci che, nel suo ruolo di Direttore artistico del Teatro storico di Villa Mazzacorati, ha dato vita alla rassegna “Passione in musica” garantendo al suo pubblico tanti eventi di pregio nella stagione 2022-23.
Chiediamo proprio a Francesca Pedaci di presentarci il progetto e gli artisti che vi sono coinvolti?
Sono tutti professionisti affermati di altissimo livello e hanno deciso di partecipare con grande generosità e amicizia. Per me è un onore averli qui.
Innanzitutto ho conosciuto Salvatore Sito quando lo scorso anno sono andata a vedere il Don Pasquale al Castello di Novara, nell’ambito della stagione estiva organizzata dalla mia amica Corinne Baroni, Direttore artistico del Teatro Coccia.
Ho visto questa bellissima regia e me ne sono innamorata. Da quel momento ho iniziato a “perseguitarlo” fino a quando non ha ceduto.
Invece il Direttore Amedeo Salvato lavora qui al Teatro Comunale di Bologna e nella scuola dell’Opera, infatti il 2 Aprile farà il concerto qui da noi con i suoi allievi. Inoltre è docente sia al conservatorio di Bologna che al conservatorio di Parma. E’ un musicista raffinatissimo che io amo molto, e che ho voluto fortissimamente. Anche lui pieno di impegni come il nostro regista. Sono due artisti contesi da tutto il mondo ma io alla fine ho ottenuto quello che volevo e mi piace dire che Salvatore Sito è il regista ufficiale di “Passione in musica” così come il Maestro Amedeo Salvato è la Direzione musicale ufficiale di “Passione in musica”. Se noi riuscissimo in un futuro, ad avere un quartetto o un quintetto d’archi il Maestro Salvato sarebbe naturalmente il Direttore. Io me lo auguro tanto e ringrazio questi professionisti di valore altissimo che hanno accettato di far parte di quest’avventura.
Come nasce la scelta di rappresentare quest’opera buffa?
E’ stata una decisione corale. Ci siamo confrontati e abbiamo deciso di proporre “La serva padrona”. Il regista Salvatore Sito ha avuto un’idea originale e forte che ci è piaciuta. A questo punto tutti insieme abbiamo portato avanti questa visione che vuole essere anche un messaggio di libertà per tutte le donne, e soprattutto per le donne in Iran.
Raggiungiamo dunque il Regista Salvatore Sito per chiedergli cosa ha da dire ancora, al pubblico dei giorni nostri, l’intermezzo di Giovan Battista Pergolesi?
Penso che abbia molto da dire. Quando ho studiato il libretto e la partitura mi sono reso conto che, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista dello sviluppo psicologico e drammaturgico dei personaggi, è stata un’operina illuminata. Rappresenta di fatto dei personaggi quasi anacronistici rispetto al periodo storico in cui è ambientata. Non abbiamo però voluto snaturarla.
Parte sempre dalla tradizione visto che è un’ opera che traccia un po’ il solco dell’opera buffa italiana.
Noi non abbiamo voluto allontanarci da questo. I caratteri sono quelli tipici dell’opera buffa con alcune incursioni nella commedia dell’arte. Ho solo voluto aggiungere un livello di lettura ulteriore.
Fin dal primo momento Serpina entra in scena è subito è chiaro che, pur vestendo i panni della serva, in realtà è già padrona.
E’ padrona perché non si lascia sottomettere, ed è padrona perché Uberto in un certo senso glielo permette.
Questo mi ha dato lo spunto per fare una sorta di denuncia rispetto ad una situazione molto attuale e molto triste che è sotto gli occhi di tutti.
Ed è la violenza che sono costrette a subire molte donne in alcune zone del mondo, e in particolare noi, con questa lettura, vogliamo sottolineare una volta di più che questi soprusi devono cessare e ogni donna deve avere il diritto di poter esprimere ed esercitare la propria libertà.
Abbiamo anche discusso di questo con Asadè, una ragazza Iraniana che ha molto a cuore quello che sta accadendo nel suo Paese e ci ha fatto questo regalo.
Prima della rappresentazione ha voluto parlarci della sua esperienza e del dolore che sta vivendo il suo popolo.
E io penso che noi, in quanto artisti, abbiamo il dovere morale di denunciarlo, nel nostro piccolo, e dare un piccolo contributo affinché si possano sensibilizzare le coscienze rispetto ad un argomento che dovrebbe interessare a tutti.
Quindi Serpina, dal suo lontano 1733, viene a darci una lezione di diritti della donna?
Esatto. Purtroppo. Siamo nel 2023 e paradossalmente dobbiamo ancora prendere lezioni dal passato. Proprio per questo è necessario una volta di più ribadire con forza che nessuna donna deve essere serva di nessuno.
Hai curato personalmente la scelta dei costumi. Perché scegliere lo stile Steam-Punk per vestire i personaggi?
Perché c’è una definizione per lo steam-punk che, secondo me, aiuta a connotare meglio quest’operina. Lo steam-punk in buona sostanza inserisce elementi anacronistici all’interno di un contesto storico. E Serpina un po’ lo è, anacronistica. Quando si definisce lo Steam-Punk si dice: E’ come sarebbe il mondo se il futuro fosse arrivato prima.
Io mi auguro che noi, con questa nostra rappresentazione, possiamo contribuire a far arrivare il futuro un pochino prima nel cuore e nella mente di qualcuno.
Al Pianoforte troviamo il Direttore Amedeo Salvato.
Come è stato coinvolto in questa produzione e qual’è l’approccio musicale?
Innanzitutto conosco Francesca Pedaci dai tempi del conservatorio e la stima è reciproca. Quindi sapevo che sarei stato coinvolto in qualcosa di interessante. E poi mi piacevano diverse coincidenze che si sono verificate tutte insieme. La prima curiosità è che non sono molti gli anni che separano la serva padrona dalla costruzione di questo Teatro. Perché il teatro Mazzacorati è del 1763 e la Serva padrona è stata scritta esattamente 30 anni prima. Da opera emblematica per il genere buffo, nata in realtà come intermezzo, in poco tempo diventa il vessillo della modernità che avanza. Basta pensare che, 20 anni dopo la rappresentazione napoletana, a Parigi, e con Pergolesi già morto, scoppia il putiferio perché si crea la famosa “Querelle de bouffons” che vede contrapporsi i fautori del nuovo che avanza contro i conservatori che vogliono il rispetto dei ruoli sociali.
Questa differenza di vedute si disputerà nei teatri a colpi di Opere liriche, feuilleton, interviste e articoli sui giornali, e prese di posizione da parte dei più importanti pensatori dell’epoca.
Ma alla fine di queste controversie possiamo ben dire che Pergolesi vince.
Basti pensare che il Don Giovanni di Mozart si apre con Leporello che canta “Voglio fare il gentiluomo e non voglio più servir... “.
Ecco dunque che il germe che scaturisce dalla commedia dell’arte si sviluppa dentro l’opera lirica.
Il personaggio del servitore che si prende la sua vendetta sul padrone germoglierà quindi in ben altri capolavori.
Nella rappresentazione di stasera si alternano due strumenti: il pianoforte suonato da te e il clavicembalo suonato dalla musicista Giovanna Ceranto.
E’ una cosa che ho voluto fermamente e sono contento di aver ottenuto perché l’opera è caratterizzata da questa grande dicotomia dell’aria e del recitativo.
E questa divisione, per chi è aduso ad andare a teatro, è anche uditiva.
Il recitativo è secco, viene accompagnato solo dal clavicembalo e, quando c’è, da una viola da gamba.
E poi ci sarebbe l’orchestra che noi però non abbiamo in questa serata.
Al suo posto abbiamo un pianoforte storico, che ha più di un secolo di vita essendo del 1901.
Mi stava a cuore ricreare la sensazione della differenziazione netta tra recitativo al cembalo e le parti cantate, ossia le vere e proprie arie e duetti, al pianoforte.
E abbiamo cercato anche un po’ con i ragazzi di ricreare questi ritmi di danza, questa enorme libertà che si respira intorno a tutta la musica di Pergolesi, sia quella seria che quella comica.
Si respira quella voglia di nuove armonie, di ritmi di danza e spesso si respira una grandissima sensualità. Si pensi a tutte e due le arie di Serpina in cui la seduzione è evidente anche a livello musicale. Abbiamo cercato di giocare con i ritmi di danza che sono sottesi in tutta la musica di Pergolesi.
Al clavicembalo troviamo la giovane musicista Giovanna Ceranto. E’ Brasiliana, di chiare origini italiane, ed è giunta nella penisola 3 anni fa per continuare la sua formazione al conservatorio di Bologna. Da quanto tempo studi questo strumento antico?
La passione è nata quando avevo 14 anni. Ho studiato anche il pianoforte e il basso continuo che veniva usato proprio per accompagnare i cantanti nei recitativi. In Brasile la musica antica non è così comune come in Italia ma abbiamo alcuni dipartimenti a San Paulo, Rio De Janeiro e adesso anche in Brasilia. In questi luoghi è possibile studiare uno strumento antico e bellissimo come il clavicembalo.
E io me ne sono innamorata subito.
Qui accompagno i cantanti nei recitativi secchi in cui è presente appunto solo il clavicembalo che è una forma di composizione più declamata.
Quando suono io devo sempre pensare alla parola dei cantanti, a quello che stanno dicendo, a quello che vogliono trasmettere. Faccio anche le armonie, ad esempio se un personaggio è un po’ nervoso suono con un’armonia diversa.
C’è già tutto scritto ma c’è anche una forma di improvvisazione che mi consente di dare un ausilio ai cantanti e amplificare il significato di ciò che portano in scena.
Conosciamo allora un po’ meglio i protagonisti dell’ opera, a cominciare dal Bass-Baritono Alessandro Branchi che ricopre il ruolo di Uberto: uomo ricco, scapolo e non più giovanissimo. Ma chi è realmente secondo te?
E’ un personaggio più interessante di quanto sembri. Abbiamo fatto in modo di non cadere, come spesso accade, nella trappola di un’ interpretazione caricaturale.
E’ un signore attempato che ha questa passione per la propria serva ma non vuole confessarlo nemmeno a se stesso.
E questo aspetto è palese nel secondo atto quando parla da solo. Ha un momento di crisi in cui rivela proprio tutto il suo conflitto interiore.
E secondo me è fondamentale capire che non è solamente un personaggio comico, ma ha un’interiorità ben definita che Pergolesi ritrae in modo davvero particolareggiato e profondo.
Perché nella sua musica c’è già questa profondità. Studiando la parte vocale viene spontaneo trovare tutte queste sfumature del personaggio. Nella musica di Pergolesi c’è già ogni aspetto sul quale poi io ho lavorato per unire il gesto musicale alla recitazione.
Vespone, il servo muto di Uberto, è interpretato dall’attore in carriera Luca Mazzamurro. Come hai lavorato su questo personaggio?
E’ curioso che io, che ho messo la parola al centro del mio lavoro, mi sia ritrovato ad interpretare un ruolo muto.
Vengo dal doppiaggio e ho un’esperienza cantautorale. Inoltre, visto che ho un registro tenorile, sto intraprendendo un percorso artistico non solo con il musical ma anche con l’opera lirica. Ad esempio ho già fatto l’”Orfeo” di Monteverdi al festival di Spoleto, e con il musical sono impegnato con “La famiglia Addams” per la regia di Salvator Zito.
Quindi interpretare un personaggio privo di voce all’inizio poteva sembrare quasi un limite invece ho scoperto che far parlare il corpo è un qualcosa di estremamente interessante. Qui ho capito che anche il silenzio è un suono ed è un modo per esprimere delle emozioni. Il fatto di rimanere sempre zitto dopo un po’ ha una sua modalità di comunicazione. Uso il corpo come se fosse la mia voce e mi è piaciuto tantissimo calarmi in questo tipo di lavoro. Mi ha anche aiutato aver fatto tanta commedia dell’arte.
Concludiamo con Serpina interpretata da He Yue al suo debutto nel ruolo. Giovanissima e con una bella presenza scenica. Da due anni in Italia frequenta il conservatorio di Bologna. Cosa vuole dunque Serpina?
Vuole quello che vuole ogni donna e ogni uomo. E’ normale che gli uomini e le donne siano uguali in questo desiderio.
Tutti dobbiamo essere liberi.
Purtroppo in qualche parte del mondo ancora oggi non è così e le donne stanno pagando il prezzo più alto. Ecco perché è più importante che a farsi carico di questo messaggio sia una donna.
Ed è questo che vuole Serpina. Essere libera.
di Loredana Atzei