Chi è Manon Lescaut?
L’Abate Prévost fa trasparire il personaggio dalle parole del Cavaliere De Grieux che la descrive ora amabile, ora subdola. Capace di infinita dolcezza e di terribile perfidia in un romanzo che ha molto di autobiografico e che non risparmia la morale perbenista.
Ma di lei non sappiamo nulla se non quello che ci viene raccontato.
Nell’Opéra-comique in 5 atti, scritta da Henri Meilhac e Philippe Gille, e musicata da Massenet, Manon acquista finalmente la voce e si racconta, diventando un personaggio a tutto tondo.
Ingenua e seducente. Malinconica e civettuola. Abbagliata dal luccichio delle pietre preziose e dalla vita mondana, ma anche amante ora tenera, ora calcolatrice. Indecifrabile come la Sfinge. Tentatrice e fatale come una sirena.
Una donna dalle mille sfaccettature e, proprio per questo, ancora più vera.
Vincent Huguet, nell’affrontare l’inafferrabile personaggio di Manon, punta tutto sulla libertà, e ambienta l’azione nella Francia degli anni ‘20.
Quegli anni, a cavallo tra due guerre, tutti intrisi di voglia di vivere e concessioni al piacere.
Sfrenati come la musica Jazz e il Charleston. Pazzi ed eccentrici come i balli di Joséphine Baker.
Disinibiti come la moda femminile che rinuncia ai capelli lunghi, ai corsetti stretti e alle gonne lunghe e voluminose.
Manon appare in scena, seduta su una panchina, pettinatura alla garçonne, cuffietta clochè in testa, abito comodo con gonna pantalone sotto il ginocchio.
In pratica sfoggia la divisa di una “Flappers”: termine usato per quelle giovani ribelli e anticonformiste che rifiutano di sottomettersi alla società perbenista.
Il giovane De Grieux ne è subito affascinato. Nasce tra loro un gioco sottile di sguardi rubati e sorrisi complici, fino a quando lui, avvicinandosi, fa cadere presso a lei un biglietto.
Divertiti si allontanano e, attraverso un gioco di ombre, dietro le vetrate, possiamo vederli appartati mentre si scambiano dolci effusioni amorose.
Un incipit delicato e sbarazzino, sulle note dell’ouverture, che rende più profondi i personaggi, più credibile la storia, più forte il loro rapporto sentimentale, e che richiede ai cantanti un talento eccezionale per la recitazione.
Dote che non manca di certo ai due protagonisti principali.
Il soprano Ailyn Pérez da vita ad una Manon vispa, frivola, ingenua e maliziosa. Semplicemente incantevole.
Una vera forza della natura verso la quale non si può non provare attrazione, con un sorriso che cattura per la simpatia, e una voce ricca, teatrale, ed emozionante.
Tenera e vivace nel primo atto.
Combattuta nel secondo tra successo e amore.
Femme fatale nel terzo determinata ad ottenerli entrambi.
Fino al finale in cui ogni frivolezza le viene crudelmente strappata insieme alla libertà che tanto ha desiderato.
Quanto a Roberto Alagna è semplicemente perfetto nel ruolo del Cavaliere De Grieux al quale infonde tutta la passione di un giovane amante.
Lo vediamo folgorato da un amore a prima vista per Manon e poi tormentato dal suo tradimento.
In conflitto tra la rinuncia ai desideri terreni e quella donna che promette di farli avverare tutti. Trascinato alla perdizione e all’infamia.
Distrutto, infine, nell’ultimo atto, eppure teneramente avvinto a lei nella sventura.
Incapace di accettare la sorte tragica della donna che, nonostante tutto, non ha mai smesso un solo istante di amare. Nel suo canto melodioso le infinite sfumature del personaggio prendono vita. Le parole sono accarezzate dolcemente e modulate con una grazia spettacolare.
Dai pianissimi eterei alle note alte che illuminano la scena come dardi fiammeggianti.
Un De Grieux carico di sensualità, di sentimento, vocalmente impeccabile e incredibilmente coinvolgente.
Sul palco si respira un’atmosfera leggera, frizzante, con interventi che virano al comico, ma sempre realizzati con gran gusto e privi di qualsiasi volgarità.
E in fondo non sono forse questi gli anni delle follie?
Tutto è leggero, frivolo, e spensierato.
Bravissimi tutti gli interpreti nel completare l’affresco.
La presenza costante di Joséphin Baker è il fulcro della storia.
Per Manon diventa un simbolo di affermazione.
Una porta che si apre su un mondo dorato che la attrae con forza.
Alla fine del primo atto a Parigi, la vediamo prendere lezioni di ballo e capiamo che le sue ambizioni vanno ben oltre quel freddo magazzino dove può essere riscaldata solo dagli abbracci dell’amante.
E quando De Grieux trasognato canta “le reve” con l’ingenuità dell’innamorato, con la dolcezza nell’emissione e una luminosità nell’accento che trasmette emozione pura, noi sappiamo che Manon, avvinta alla sua valigia con sguardo malinconico, ha altri sogni da realizzare.
Se la fuga con De Grieux la libera dalla vita in convento, il successo, l’indipendenza economica e il favore di uomini ricchi, la liberano da una vita noiosamente borghese.
E andrebbe tutto bene se lei si accontentasse.
Ma, ottenuta l’emancipazione, perché mai non avrebbe dovuto riconquistare anche l’uomo che ama?
Eccola allora precipitarsi in seminario e risvegliare in lui il desiderio.
Strappata la tonaca, il ragazzo accetterà di seguirla in un percorso di perdizione che culminerà con la scena all’Hotel Transilvania.
Lui è perduto e ammaliato.
Lei mostra un look sempre più androgino, non per questo meno attraente, a metà strada tra Betty Boop e Marlene Dietrich.
Ma il dramma è vicino e conduce Manon alla prigione.
“Manon, ma pauvre Manon…” intona De Grieux a sipario chiuso, senza accompagnamento.
La sua voce è spezzata dal pianto, rotta dal dolore, mentre i suoi ricordi corrono al loro primo incontro.
Il sipario si alza un ultima volta a mostrare l’ambiente angosciante del carcere che, freddo e cupo, stride prepotentemente con l’atmosfera festosa coloratissima di Cours-la Reine e quella fumosa e peccaminosa della Sala da gioco dell’albergo.
Lei è rassegnata, lui non può accettarla di perderla.
Un duetto tragico e, contemporaneamente, delicato.
Quando lei, sul finale, trova la forza di scherzare un’ultima volta sulla sua civetteria, facendo finta di afferrare una stella, lui fa il gesto tenero e commovente di prenderla dalla sua mano e portarsela al cuore.
Una dolcezza che rende ancora più drammatica la separazione dei due amanti.
Le guardie incombono.
Manon si allontana verso lo sfondo dove la aspetta una triste cella.
Una fine disperata per una creatura così piena di vita.
Tutti i suoi sogni di libertà muoiono li, tra quelle quattro mura, insieme ai sogni d’amore con il Cavaliere De Grieux.
di Loredana Atzei
Foto: Theatre Opéra National-Opéra Bastille - Paris